Il caso del delitto di Garlasco continua a suscitare interrogativi a distanza di anni. L’attenzione è tornata a concentrarsi su un dettaglio che potrebbe rivelarsi cruciale: la bicicletta nel magazzino della famiglia Stasi, mai sequestrata durante le prime fasi delle indagini. A fare luce sulla vicenda è stato Francesco Marchetto, l’ex maresciallo che aveva seguito l’inchiesta, intervistato da Quarto Grado.
Il racconto dell’ex maresciallo sulle indagini
Francesco Marchetto ha spiegato i motivi che lo avevano portato a non mettere sotto sequestro la bicicletta trovata nel magazzino della famiglia Stasi: «Non l’ho sequestrata perché, quando sono andato a visionarla con il verbale in mano, ho notato che non corrispondeva per alcuni dettagli che ho annotato nel rapporto di Polizia Giudiziaria una volta rientrato in caserma». Questa discrepanza, secondo l’ex maresciallo, era sufficiente per escludere quel mezzo come prova utile in quel momento.
Queste parole riaccendono la discussione sull’operato degli inquirenti e sulla gestione delle prove. Marchetto stesso ammette: «Partiamo dal presupposto che è colpa mia, ma mi chiedo come mai il 25, giorno cruciale, nessuno abbia ritenuto opportuno rivedere la bicicletta nera in base alle nuove dichiarazioni emerse». Questa riflessione mette in luce un apparente vuoto nel procedimento investigativo, che potrebbe aver compromesso la ricerca della verità.

Il mancato sequestro della bicicletta, elemento potenzialmente rilevante, ha lasciato aperti molti dubbi sia tra gli esperti sia tra gli appassionati del caso. La bici avrebbe potuto fornire ulteriori prove o elementi utili a ricostruire la dinamica del delitto di Chiara Poggi, vittima dell’omicidio avvenuto a Garlasco. Marchetto, con una certa amarezza, riflette anche sulle conseguenze personali legate alle sue scelte investigative: «Col senno di poi, se potessi tornare indietro, la bicicletta me la metterei sotto il letto, ben custodita, e non parlerei più con l’avvocato Tizzoni». Un riferimento che lascia intendere le tensioni e le pressioni vissute durante le indagini.
Parallelamente, l’inchiesta ha recentemente registrato un possibile sviluppo con l’emergere di un profilo genetico non identificato trovato in un tampone prelevato dalla bocca di Chiara Poggi. Questo elemento, al centro delle ultime attenzioni degli investigatori, potrebbe rappresentare una svolta nel caso, aprendo la strada a nuove piste investigative e a un’eventuale revisione delle conclusioni precedenti. Il dibattito sul delitto di Garlasco, dunque, resta aperto e si arricchisce di nuove testimonianze e dettagli che continuano a stimolare l’interesse dell’opinione pubblica e degli addetti ai lavori.