“Siamo partiti, stavolta non ci fermeremo più”. Con queste parole Maria Elena Delia, portavoce della Global Sumud Flotilla, ha annunciato dalla rada di Portopalo di Capo Passero (Siracusa) la partenza della missione diretta a Gaza. In mare sono salpate 42 imbarcazioni, affiancate da altre sei in partenza dalla Grecia, con l’obiettivo di portare aiuti umanitari alla popolazione palestinese.
Bandiere e cori per la Palestina
La partenza è stata accompagnata da un clima di forte partecipazione: bandiere palestinesi issate sulle barche, suoni di trombe e cori scanditi da un unico grido, “Free Palestine”. Nelle acque di Portopalo erano già arrivate ieri le 24 imbarcazioni provenienti dalla Tunisia, tra cui la Familia Medeira e la Alma, entrambe riparate dopo il recente attacco con droni. La flotta, che include 18 barche italiane, si unirà in mare con quelle greche per poi fare rotta insieme verso la Striscia.
Un messaggio politico e umanitario
«Vogliamo lanciare un messaggio insieme umanitario e politico – ha spiegato Delia –. Vittorio Arrigoni, che nell’agosto 2008 fu tra i primi attivisti a rompere il blocco navale di Gaza, concludeva i suoi dispacci con le parole “Restiamo umani”. Mai come oggi quel richiamo è attuale».
Dalla barca a vela appena salpata, la portavoce ha parlato di “grande senso di liberazione”, sottolineando le difficoltà logistiche di un’operazione che ha riunito decine di imbarcazioni provenienti da diversi Paesi.
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Greta Thunberg, stop forzato e fratture interne
Per il momento, invece, non fa parte della spedizione Greta Thunberg, indicata da molti come nuovo punto di riferimento del movimento pro-Palestina ma reduce da una rottura con il comitato direttivo della Flotilla. L’attivista svedese si trova ancora a Siracusa dopo una serie di imprevisti: domenica ha lasciato l’imbarcazione Family per trasferirsi sulla Alma, ma quest’ultima ha subito un guasto al serbatoio che le ha impedito di raggiungere le altre barche in rada a Portopalo di Capo Passero. Non è chiaro quando potrà unirsi alla missione.
La sua uscita dal direttivo sarebbe legata a tensioni interne. Litigi, gelosie e protagonismi avrebbero segnato le ultime settimane, con divergenze soprattutto sulla strategia di comunicazione. Secondo quanto emerso, Greta avrebbe criticato l’eccessiva attenzione mediatica rivolta alle vicende interne della flottiglia, a scapito della denuncia del “genocidio in Palestina”, ritenuto il vero centro della missione.
Gaza sotto assedio
Il piano della spedizione è chiaro: arrivare a Gaza, dove – denuncia Delia – «c’è un blackout totale delle comunicazioni, ma ciò non significa che non stiano accadendo atrocità. Persone lasciate morire di fame e sete, una popolazione sterminata in quasi due anni. È un genocidio sotto gli occhi di tutti».
Un’accusa che si estende anche ai governi occidentali: «Ancora oggi – ha concluso – ci sono Paesi, incluso il nostro, che si astengono quando si tratta di sanzionare il governo Netanyahu».