La Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia si trova al centro di una nuova controversia politica e culturale, che coinvolge due delle sue star più attese. Gal Gadot e Gerard Butler, protagonisti del film In the Hand of Dante diretto da Julian Schnabel e presentato fuori concorso, hanno deciso di non partecipare alla kermesse.
Questa assenza, in parte prevista, si intreccia con un acceso dibattito che vede coinvolto il collettivo Venice4Palestine, che ha lanciato un appello alla Biennale di Venezia in relazione al conflitto in corso nella Striscia di Gaza.
L’assenza di Gal Gadot e Gerard Butler alla Mostra del Cinema di Venezia
Secondo quanto riferito da Adnkronos, né Gal Gadot né Gerard Butler avevano mai confermato formalmente la loro presenza alla Mostra del Cinema di Venezia. La decisione di non raggiungere il regista Julian Schnabel e il resto del cast per la première al Lido è stata presa autonomamente da entrambi gli attori. La scelta si inserisce in un contesto politico molto delicato, dato che Gadot, attrice israeliana, e Butler, attore britannico, erano finiti al centro delle polemiche per presunte posizioni pubbliche riconducibili al sostegno al governo israeliano.
Il 22 agosto scorso, il collettivo Venice4Palestine – che riunisce oltre 1.500 professionisti del mondo del cinema, tra attori, registi e artisti italiani e internazionali – ha diffuso una lettera aperta indirizzata alla Biennale di Venezia. Nel testo, il collettivo chiedeva alla direzione della Mostra di prendere una posizione chiara sul conflitto in corso nella Striscia di Gaza, denunciando quello che definisce un “genocidio” perpetrato dallo Stato di Israele. Due giorni dopo, il collettivo ha rinnovato l’appello con una seconda lettera, esortando esplicitamente al ritiro degli inviti a Gal Gadot e Gerard Butler, considerati figure filoisraeliane a causa delle loro presunte dichiarazioni pubbliche.
Nonostante le pressioni, la Biennale ha evitato di entrare nel merito delle richieste, scegliendo di non menzionare né la Palestina né il conflitto in corso nelle sue comunicazioni ufficiali. La risposta ha lasciato il collettivo e molti firmatari del documento profondamente delusi. Nel frattempo, le sezioni indipendenti del festival, quali le Giornate degli Autori e la Settimana Internazionale della Critica, hanno mostrato apertura al dialogo, rilanciando l’appello sui propri canali social e sottolineando l’importanza di una presa di posizione etica nel mondo del cinema.

La richiesta di ritiro degli inviti ha rapidamente raccolto un ampio sostegno, con oltre 1.500 firme da parte di personalità di rilievo del panorama cinematografico e artistico. Tra i firmatari si segnalano nomi di spicco come Ken Loach, Céline Sciamma, Audrey Diwan, Charles Dance, Jasmine Trinca, Carlo Verdone, i Manetti Bros, Miriam Leone, Valentina Lodovini, Marco Bellocchio, Laura Morante, Valeria Golino, Toni e Beppe Servillo, Fiorella Mannoia, le sorelle Alba e Alice Rohrwacher, Claudio Santamaria, Pietro Sermonti, Gabriele Muccino, Serena Dandini, Roger Waters, Stefania Casini, Abel Ferrara, Francesca Marciano, Susanna Nicchiarelli, Giuseppe Piccioni, Olivier Rabourdin, Greta Scarano, Silvia Scola, Paola Turci e Andrea Zuliani.
Il collettivo Venice4Palestine ha commentato con soddisfazione la massiccia adesione: “Se sono bastate poche ore per radunarsi così in tanti, vuol dire che finalmente il cinema italiano ha scelto di stare dalla parte del popolo palestinese – aggredito e massacrato da decenni – e non riconosce più lo spazio per le mezze parole e l’equidistanza”. Questa presa di posizione rappresenta un segnale importante nel dibattito culturale italiano, che vede il mondo del cinema confrontarsi con le tensioni internazionali e le responsabilità etiche connesse alla rappresentazione artistica.
L’assenza di Gal Gadot e Gerard Butler dalla Mostra del Cinema di Venezia si inserisce dunque in un quadro più ampio di contestazione e riflessione, che coinvolge non solo i protagonisti del festival ma anche l’intera comunità artistica internazionale. La vicenda sottolinea come gli eventi culturali di rilievo mondiale siano sempre più terreno di confronto politico e sociale, in cui le scelte individuali e collettive assumono un peso simbolico e morale di grande rilevanza.