Prelievi non autorizzati, che vanno dai 1.000 ai 7.000 euro, sono stati effettuati sui loro conti correnti, senza alcuna richiesta esplicita da parte loro. Un errore che ha scatenato non poco panico tra i correntisti, in particolare tra pensionati e piccoli risparmiatori, molti dei quali si sono visti recapitare una raccomandata con un messaggio tutt’altro che rassicurante.
In un’epoca in cui il risparmio è diventato un obbligo, anche e soprattutto alla luce della situazione geopolitica che vive il mondo, queste situazioni non possono che gettare ulteriori ombre di incertezza sui contribuenti e sui risparmiatori. Ecco il quadro.
Un clamoroso errore
Inizialmente, si era ipotizzato che potesse trattarsi di un attacco hacker o di un bug di sistema. Tuttavia, con il passare dei giorni, è emersa una realtà ben diversa, legata a un errore tecnico nei calcoli dei Buoni Fruttiferi Postali (BFP) della serie J47, sottoscritti da molti cittadini nel 2015. Questi buoni, indicizzati all’inflazione, avrebbero dovuto garantire un certo rendimento a scadenza, prevista per il 2024/2025. Purtroppo, un errore nell’applicazione del coefficiente di indicizzazione ha determinato un accredito superiore al dovuto, con la conseguente necessità di recuperare le somme sbagliate.

Le segnalazioni sono arrivate da diverse regioni italiane, con particolare enfasi sul Piemonte e la Sicilia, ma si teme che l’incidente possa diffondersi in tutto il Paese. In alcuni casi, i clienti non riuscivano nemmeno a comprendere la causa dei prelievi, alimentando ulteriormente il malcontento.
La comunicazione, o meglio la sua mancanza, ha aggravato ulteriormente la situazione. Non solo Poste Italiane, ma anche altre banche sono state coinvolte in episodi simili, finendo sotto la lente di ingrandimento della pubblica opinione.
Quello che doveva essere un investimento sicuro si è trasformato in un incubo per molti, che ora devono fare i conti con un sistema che, seppur non direttamente responsabile, è chiamato a risolvere un errore che ha generato danni economici e psicologici ai cittadini. Infatti, nonostante non sia stato un attacco informatico, l’entità del problema è tale che Poste Italiane è ora costretta a recuperare le somme errate per conto della Cassa Depositi e Prestiti.
Per molti, la domanda è semplice: come è possibile che un errore di tale portata sia passato inosservato per anni? E, soprattutto, come mai la comunicazione verso i clienti è stata così opaca e tardiva? Sono interrogativi che, al momento, restano senza risposta, mentre i correntisti restano in attesa di un chiarimento e, soprattutto, di un risarcimento adeguato.