A partire dal 1° gennaio 2025, le regole per la rateizzazione delle cartelle esattoriali subiranno una modifica importante con l’entrata in vigore del nuovo decreto legislativo n. 110/2024. La riforma, pensata per semplificare l’accesso ai piani di pagamento, introduce maggiore flessibilità per i contribuenti in difficoltà, eliminando alcuni ostacoli documentali e ampliando il numero di rate disponibili. Resta però intatto il sistema delle regole di decadenza, che continua a prevedere limiti rigidi e penalizzanti per chi non riesce a rispettare i pagamenti.
Più tempo per pagare i debiti, anche senza ISEE
Il nuovo impianto stabilisce che, per debiti fino a 120.000 euro, i contribuenti potranno chiedere piani ordinari di rateizzazione senza dover dimostrare la propria situazione economica. I nuovi termini previsti sono:
84 rate mensili per le richieste presentate tra il 2025 e il 2026
96 rate per quelle dal 2027 al 2028
108 rate per domande presentate dal 2029 in poi
Questa semplificazione consente di accedere a una dilazione più lunga senza allegare documenti come l’ISEE, rendendo il procedimento più accessibile anche per chi ha entrate irregolari o difficilmente documentabili.
Per i debiti superiori a 120.000 euro, resta invece obbligatoria la verifica economica. In questo caso, le rate potranno arrivare fino a 120 mensilità, ma servirà fornire prove della temporanea difficoltà: l’ISEE per le persone fisiche e indici di liquidità per imprese e partite IVA in contabilità ordinaria.

Una riforma che prova ad adattarsi a un’economia in trasformazione, alleggerendo la macchina burocratica e favorendo il pagamento volontario dei debiti iscritti a ruolo. Ma c’è un punto che non cambia: le soglie di decadenza dai piani di rateizzazione, che restano ferme anche dopo l’entrata in vigore delle nuove disposizioni.
Le regole sulla decadenza restano immutate
Nonostante le modifiche favorevoli introdotte per le nuove rateizzazioni, il tema della decadenza dal piano di pagamento non è stato toccato. Il sottosegretario Federico Freni, rispondendo a un’interrogazione parlamentare, ha chiarito che le nuove condizioni si applicheranno solo alle domande presentate dal 1° gennaio 2025, ma che le regole sulla decadenza restano le stesse.
Oggi, il contribuente decade dal piano in base a diverse soglie legate al periodo in cui è stata accolta la rateizzazione:
Per i piani attivi all’8 marzo 2020, la decadenza scatta dopo 18 rate non pagate
Per quelli concessi fino al 31 dicembre 2021, bastano 10 rate
Per le richieste dal 1° gennaio 2022, il limite è di 5 rate saltate
Per le rateizzazioni avviate dal 16 luglio 2022, il numero massimo di rate non pagate è 8
Non si tratta solo di un dettaglio tecnico: la decadenza ha conseguenze pesanti, tra cui la perdita definitiva del diritto alla rateizzazione per quel debito. Il contribuente rischia quindi di trovarsi esposto a misure esecutive come il pignoramento o l’iscrizione di ipoteca, senza possibilità di rientrare in un nuovo piano.
La criticità più evidente sta nel fatto che, pur aprendo a più rate e meno burocrazia, la riforma non protegge da un singolo errore di pagamento. Basta un momento di difficoltà, anche temporanea, per perdere l’intero beneficio, senza appello.
Manca quindi un elemento di flessibilità che potrebbe rendere più coerente l’impianto normativo con la sua finalità dichiarata: aiutare chi è in difficoltà, non punirlo ulteriormente.
Il 2025 segnerà senza dubbio un cambio di passo nell’accesso alle rateizzazioni, ma il rischio di decadenza resta centrale nella gestione del debito fiscale. Chi intende approfittare delle nuove regole dovrà muoversi con attenzione, conoscendo termini, limiti e condizioni. Per non trasformare un’opportunità in un rischio concreto.