Ogni anno, il mese di gennaio rappresenta un momento di aggiornamenti come piccole rivalutazioni, nuovi cedolini e qualche aggiustamento qua e là. Ma non sempre le sorprese sono positive. Per molti pensionati, infatti, la prima mensilità del 2026 rischia di diventare la più amara dell’anno: in alcuni casi, l’importo può ridursi drasticamente o addirittura azzerarsi. La ragione non è un errore dell’Inps né un taglio improvviso, ma un meccanismo tecnico che ogni anno si ripete puntualmente, anche se pochi sanno davvero come funziona.
Cedolino di gennaio: perché qualcuno non riceverà nulla
A gennaio scatta il ricalcolo delle imposte dovute per l’anno precedente. È il cosiddetto conguaglio, con cui l’Inps verifica se le trattenute Irpef e le addizionali regionali e comunali applicate ogni mese siano state sufficienti rispetto al reddito effettivamente percepito. Il punto è che il calcolo fatto durante l’anno è sempre presuntivo: l’Inps stima quanto il pensionato percepirà, ma non può conoscere in anticipo eventuali variazioni.
Quando a dicembre emergono scostamenti anche di poche centinaia di euro il ricalcolo può far saltare fuori un debito fiscale da recuperare immediatamente. In questi casi l’Inps agisce come sostituto d’imposta e trattiene tutto il necessario direttamente dal cedolino.

Se il debito è pari o superiore all’importo mensile della pensione, il risultato è semplice: niente soldi a gennaio. E se il debito continua a superare la mensilità, il recupero prosegue anche a febbraio. I casi non sono così rari come si pensa. Immaginiamo un pensionato che percepisce circa 1.900 euro lordi al mese. Ogni mese l’Inps calcola le imposte su questo importo, ipotizzando che non ci saranno variazioni. Ma durante l’anno possono arrivare voci aggiuntive come un pagamento arretrato, una somma una tantum, un conguaglio di perequazione, una ricostituzione.
Tutte queste somme fanno salire il reddito complessivo. L’Irpef dovuta, di conseguenza, aumenta. Il problema è che fino a dicembre l’Inps continua ad applicare trattenute basate sulla previsione iniziale. Quando arriva il momento del riepilogo, può emergere un debito di 700, 900 o persino 1.200 euro. Senza possibilità di rinvio, l’importo va recuperato subito, e il cedolino si svuota. A questo si aggiunge il saldo delle addizionali regionali e comunali, che in alcune regioni possono pesare parecchio.
C’è però una protezione per le pensioni più basse. Se il trattamento annuo non supera i 18.000 euro lordi e il debito Irpef è superiore a 100 euro, l’Inps non può prelevare tutto in un’unica soluzione, ma è obbligata a spalmarlo da gennaio a novembre. Quindi, ogni mese si sottrae la somma destinata a saldare il debito, evitando di rimanere a bocca asciutta in un unico momento.
