Il dibattito sulla riforma delle pensioni in Italia continua a essere al centro dell’attenzione, con l’obiettivo di introdurre maggiore flessibilità nel sistema previdenziale a partire dal 2026. Una delle proposte più discusse è la possibilità di accedere alla pensione anticipata a 64 anni, accettando una temporanea riduzione dell’assegno pensionistico fino al raggiungimento dell’età pensionabile ordinaria.
Da sempre, il tema delle pensioni, in Italia, è molto caldo. Sia sotto il profilo politico, ma anche sotto quello economico e sociale. Ebbene, il 2025 che ormai si avvia verso la sua metà, sarà un anno di grandi cambiamenti, che si concretizzeranno poi l’anno prossimo, nel 2026.
Come vedremo di qui a breve, la riforma delle pensioni in discussione mira a introdurre una maggiore flessibilità nel sistema previdenziale italiano, permettendo ai lavoratori di scegliere un’uscita anticipata con penalizzazioni temporanee. Resta da vedere come questa proposta verrà accolta e implementata nei prossimi anni.
Pensioni: tutte le novità
La proposta prevede un sistema pensionistico suddiviso in due fasi:

Fase Anticipata: Il lavoratore può andare in pensione a 64 anni, ricevendo un assegno ridotto rispetto a quello che spetterebbe all’età ordinaria.
Fase Ordinaria: Al raggiungimento dell’età pensionabile standard (attualmente 67 anni), l’assegno viene ricalcolato senza penalizzazioni, riflettendo l’importo pieno spettante.
Questa struttura mira a offrire una maggiore flessibilità, permettendo ai lavoratori di scegliere un’uscita anticipata dal mondo del lavoro, pur consapevoli di una temporanea riduzione del beneficio economico.
Attualmente, per accedere alla pensione anticipata, sono richiesti 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne, con una finestra mobile di tre mesi. Dal 2027, questi requisiti potrebbero aumentare di tre mesi, in linea con l’adeguamento alla speranza di vita.
La proposta di riforma introduce l’idea di penalizzazioni temporanee per chi opta per l’uscita anticipata. Ad esempio, un lavoratore che decide di andare in pensione a 64 anni potrebbe subire una riduzione dell’assegno fino al raggiungimento dei 67 anni, momento in cui l’importo verrebbe ricalcolato senza penalizzazioni.
Questa proposta rappresenta un compromesso tra la necessità di contenere la spesa pubblica e il desiderio di offrire maggiore flessibilità ai lavoratori. Tuttavia, è fondamentale considerare l’impatto che una riduzione temporanea dell’assegno potrebbe avere sui lavoratori con redditi più bassi, per i quali anche una penalizzazione limitata nel tempo potrebbe rappresentare una sfida significativa.
Ovviamente, il consiglio è quello di sempre: prima di prendere qualsiasi decisione, consultatevi con un professionista del settore o con i CAF, che sapranno consigliarvi al meglio sulla soluzione da adottare.