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LIBRI FIGHI | Il libro dei bambini soli, di Enrico Sibilla

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LIBRI FIGHI scritto così, in capslock, è una rubrica che esce ogni giovedì su Dailybest, ma magari più spesso, chissà. Cosa ci mettiamo in questa rubrica? Lo dice il nome, si spiega da sola.

Non solo nuove uscite però, anche classici o meraviglie sconosciute. Hai un LIBRO FIGO che ti piace tanto, che è importante, che pensi dovremmo leggere tutti e vuoi spiegarci perché? Che bello: sono 2500 caratteri spazi inclusi.

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La fasciatura di un infante, l’agonia di una persona anziana, l’assunzione della prima comunione, una giornata al circo, un romanzo fiction d’esordio. Non penso che esistano argomenti meno coinvolgenti, interessanti, per quelli che, come me, credono sia necessario leggere solo saggi e notizie, con qualche concessione al genere non-fiction se la mente è affaticata.

E invece.

Il fatto che Enrico Sibilla nel suo ineguagliabile romanzo d’esordio si confronti con l’infanzia rappresenta solo il piolo di partenza lungo un principio di scala che, se salita, porta in un universo importante: fantascientifico – e intendo dire proprio di science fiction ambientale – in cui regna un’orrore di accecante poeticità. Non parlo qui dell’horror di genere, intendo proprio la paura che provi guardando Martyrs (2008, Pascal Lugier). Sarà perché nell’infanzia ogni esperienza è assoluto, non ha precedenti, nella sua immersività non prevede ripetizioni, la vita finisce ogni giorno, quando si chiudono gli occhi, quindi ogni trauma è martirio, ogni male è assoluto.

L’ho letto piano, va letto piano e poco Il libro dei bambini soli di Enrico Sibilla. Va letto di sera, a letto. Le prime cinque notti saranno incubi amari. Solo al quinto giorno collegherete l’orrore al libro – che di orrore ne contiene poco, ma di cattiveria, quella dei bambini, tanta e non mediata – e smetterete di leggerlo. Passeranno tre giorni. Di sedimentazione. Serviranno per capire che no, quel libro non potete abbandonarlo. Per la sua forza, certo, che non ha pari nel mondo della narrativa (La lunga marcia di Bachman, forse?) Ma, soprattutto, per un fatto che definirei splendore.

E veniamo al punto.

È infatti splendore, fatta di luce, la scrittura di Enrico Sibilla (per ricchezza, metro, sound design, crossover). È per questa sua qualità ineguagliabile che il male innocente che essa racconta sedimenterà nella mente del lettore fino a trasformarsi in un preziosissimo diamante.

Ah, devo precisare: Il libro dei bambini soli di Enrico Sibilla non è un romanzo di genere horror, è trekking filosofico sul significato dell’essere nel mondo. Esso utilizza come canovaccio il fenomeno della nascita per improvvisare sul concetto di assoluto, inteso come sensazione che intride ogni prima esperienza nell’uomo.

Adesso alcune note sparse: i paradiddle; la scimmia in piedi sul letto d’ospedale; le puntine; leggere ad alta voce il capitolo della scimmia – perché la scrittura del Libro dei bambini soli è irraggiungibile, lo ripeto –; il ritmo, il passo spettacolare di questo romanzo; la Disadorna; il pensiero alveare; Giuseppe Ungaretti; La dura spina, di Renzo Rosso; una lingua di fantascienza che è quella di Stanley Kubrick, se Stanley Kubrick fosse stato Nicolas Winding Refn.

Se vi piace quando siete intelligenti leggete Il libro dei bambini soli.

Alberto Motta

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