Libri
di Gabriele Ferraresi 2 Marzo 2017

LIBRI FIGHI | Il papà di Dio, di Maicol&Mirco

Come affrontare 960 pagine di cinismo da pausa caffè e uscirne vivi

LIBRI FIGHI scritto così, in capslock, è una rubrica che esce ogni giovedì su Dailybest, ma magari più spesso, chissà. Cosa ci mettiamo in questa rubrica? Lo dice il nome, si spiega da sola.  

Non solo nuove uscite però, anche classici o meraviglie sconosciute.

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In certi ambienti dire che non ti piacciono gli Scarabocchi di Maicol&Mirco equivale a bestemmiare la Madonna in chiesa nudi e a stretto giro defecarsi addosso: è solo una constatazione. Però…

Però raccontare quel che conosciamo bene e che ci piace è poco stimolante, mentre avvicinarsi a quel che non conosciamo e che non ci piace, che dobbiamo studiare per capire è decisamente più interessante, di sicuro si impara qualcosa: è così che mi sono avvicinato agli Scarabocchi di Maicol&Mirco, e in particolare a Il Papà di Dio, uscito per Bao Publishing e in libreria dal 12 gennaio 2017.

Un percorso in cui però non ero solo, anzi, ma involontariamente accompagnato da moltissimi amici e conoscenti entusiasti che da giorni, settimane, anni, di quando in quando decidono di condividere un disegno su Facebook di Maicol&Mirco, oppure cambiano l’immagine profilo con uno scarabocchio nero #000000 su sfondo rosso #ff0000 di Maicol&Mirco, oppure comprano e fotografano merchandising, borse di tela, oggettistica varia, tutto ovviamente Maicol&Mirco.

Perché lo fanno? Perché ne sono coinvolti autenticamente: perché sentono di vivere in quell’universo lì, o vorrebbero avere quel cinismo lì – che non hanno né mai avranno – o quella cifra stilistica lì, che io non riesco ad afferrare perché mi pare un po’ monocorde, un po’ adolescenziale fuori tempo massimo. Forse lo fanno per una questione identitaria, del genere: “io sono io soprattutto perché non sono come voi” e quindi “mi piace questa cosa perché a voi non piace“, chissà.

Del resto, vale tutto, è la solita faccenda de La distinzione, roba di Bourdieu, di quarant’anni fa, di consumi culturali e recinti da alzare che ha anche fatto il suo tempo. Io però sono uno solo, gli altri, tanti: e c’è chi vede la produzione di Maicol&Mirco in ben altra maniera.

Tra le ultime recensioni de Il Papà di Dio, la cui sinossi è tutta nel titolo, leggo che “può assolutamente iscriversi nella grande tradizione del Bildungsroman”, un bildungsroman disegnato perché no?, mentre nel comunicato leggo “Uno spin-off della Bibbia. La nuova fatica di Maicol&mirco è un colosso da quasi mille pagine che svela molti misteri del nostro mondo”  così afferma Pietro Minto, mentre qualche anno fa a proposito dell’opus maicol&mirconiano, Adriano Ercolani, un amico dell’internet tra i più colti e sensibili che conosca, scrivevaMaicol&Mirco, nello scambio di poche battute, estrae dai suoi personaggi esplosioni di merda, abissi di veleno, incendi di rabbia cieca. Per ciò che concerne il possesso de tempi comici, beh, siamo ai livelli di Totò. Totò che si prende un caffè con Cioran nella Loggia Nera di “Twin Peaks””.

Ecco, dicevamo che vale tutto, però no. Per me anche meno.

Il Papà di Dio è un’operazione editoriale intelligente – viste dimensioni e paginazione è praticamente un libro oggetto, da lasciare appoggiato su un tavolino in salotto – si legge in fretta, sfogliandolo rapidamente le prime decine di pagine si trasformano in un involontario libro animato, ogni tanto c’è qualche buona idea e ogni 100/150 pagine persino a me è scappato un sorriso amaro; ma non starei a scomodare prima Jean Baudrillard, poi la grande tradizione del bildungsroman, la Bibbia, Totò, Emil Cioran, Twin Peaks e altro.

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