Musica

I migliori album della settimana

Bobby Gillespie e Jehnny Beth – Utopian Ashes

I Primal Scream li vidi in concerto al Mojotic Festival di Sestri Levante, per puro caso (la data dell’anno precedente era stata rimandata) in un contesto così fiabesco che qualsiasi esibizione mi sarebbe piaciuta: dal vivo mi sembrarono una delle cose più simili agli Stones (in versione un più garage e rumorosa) cui potessi mai imbattermi. Le Savages, invece, all’Ypisgrock in Sicilia, non era la band che aspettavo di più nella line up di quell’edizione, ciò nonostante, trascinato dalla potenza della loro performance, mi trovai a sorreggere Jehnny Beth (letteralmente), leader del gruppo e autrice, con il frontman della band scozzese, di questo sorprendente concept album. Sorprendente perché, almeno in base a quelle che erano le mie esperienze pregresse, era logico aspettarsi un disco rumoroso, sbraitato, quantomeno, ruvido e ricco di chitarre elettriche. Pur accompagnati da componenti storici delle rispettive band, Jehnny e Bobby Gillespie hanno messo al primo posto il lavoro di scrittura a quattro mani, partendo da un tema, la sopravvivenza di una coppia in cui la passione è ormai svanita. Il cambio di stile e metodologia di Utopian Ashes sembra quasi riflettere sul versante sonoro quel sentimento di stasi sentimentale, quel che ne è uscito è una raccolta di ballad, un romanzo sui risvolti più complicati della vita amorosa frutto di una vera e propria scappatella artistica parigina.

Marco Beltramelli

Mabe Fratti – Será que ahora podremos entendernos

Al di là del titolo ai limiti dell’impronunciabile, Será que ahora podremos entendernos, il nuovo disco di Mabe Fratti mi ha colpito per due ragioni, opposte e complementari. L’artista del Guatemala ha saputo condensare in questo lavoro una specie di movimento centripeto, prendete un pezzo come En Medio per essere trascinati nell’ego più profondo di Mabe, un’esplorazione che parte dalla sua interiorità come artista per poi perdersi repentina in un viaggio siderale. Questo lavoro pieno di echi e riverberi brilla al tempo stesso di un animo gentile e disperato, come cosmonauti dispersi nello spazio, pur spaventati non possiamo fare a meno che contemplare quanto sia terrificante la bellezza.

Mattia Nesto

Lucy Gooch – Rain’s Break

Lucy Gooch non fa rumore, per niente. Lucy Gooch fa le cose per bene, ogni pezzo al giusto posto. Si chiama Rain’s Break il secondo ep dell’artista britannica, ma più che una rottura sembra un’interruzione. Interruzione della veglia che non necessariamente porta all’onirismo, ma all’ingresso in una dimensione sospesa. Attraverso l’uso rarefatto delle testiere e una voce che pare venire da lontano Rain’s Break intesse trame a metà strada tra l’ambient più cupa e il dream pop. Senza rimanere sconvolti ci si abbandona a 18 minuti di pura grazia.

Gabriele Vollaro

Marco Beltramelli

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Marco Beltramelli

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