La riforma della Giustizia in Italia accelera con l’approvazione della Camera dei Deputati, ma si avvicina un autunno caldo per il Governo, che dovrà affrontare anche un referendum confermativo.
Il tema centrale è la separazione delle carriere dei magistrati, un provvedimento che ha suscitato forti divisioni politiche e sociali e che ora si prepara a un passaggio cruciale.
L’approvazione alla Camera e le tensioni politiche
La Camera ha dato il via libera definitivo in terza lettura alla riforma costituzionale con 243 voti favorevoli e 109 contrari. La maggioranza di centrodestra, insieme ad Azione, ha sostenuto il testo, mentre le opposizioni si sono schierate compatte contro. Il provvedimento, fortemente voluto dal ministro della Giustizia Carlo Nordio e appoggiato da Forza Italia, è ora passato al Senato per la quarta e ultima votazione, necessaria prima dell’avvio del referendum.
Al centro della riforma c’è l’introduzione di una netta divisione tra magistrati giudicanti e pubblici ministeri. Attualmente, un magistrato può cambiare ruolo una sola volta entro i primi dieci anni di carriera, una possibilità raramente esercitata. Con la nuova normativa, sarà obbligatorio scegliere sin dall’inizio se intraprendere la carriera di giudice o di pubblico ministero, senza possibilità di modificare questa decisione in futuro. Con la riforma cambierà anche l’assetto del Consiglio superiore della magistratura (CSM), che verrà diviso in due organismi distinti, uno per i giudici e uno per i pm.
Entrambi saranno presieduti dal presidente della Repubblica e avranno un mandato quadriennale. Saranno membri di diritto il Capo dello Stato e il procuratore generale della Corte di Cassazione, mentre gli altri componenti saranno scelti in parte tramite sorteggio da liste predisposte dal Parlamento, sia per la componente laica (avvocati e professori con almeno quindici anni di esperienza), sia per quella togata (tra magistrati giudicanti e requirenti). L’obiettivo è ridurre l’influenza delle correnti interne alla magistratura.
Un’altra innovazione riguarda la disciplina dei magistrati, che passerà dall’attuale competenza del CSM a un nuovo organismo denominato Alta Corte disciplinare. Quest’ultima sarà composta da quindici membri: tre nominati dal presidente della Repubblica e gli altri estratti a sorte da liste parlamentari e magistrati. A presiederla sarà un magistrato scelto dal Capo dello Stato o dall’elenco parlamentare.

Poiché la riforma non ha ottenuto la maggioranza qualificata, scatterà automaticamente la possibilità di sottoporla a referendum confermativo. A differenza del referendum abrogativo, questo tipo di consultazione non richiede il raggiungimento di un quorum: sarà sufficiente che i cittadini votino sì o no alla riforma per decidere sulla sua validità, indipendentemente dall’affluenza alle urne. Secondo l’articolo 138 della Costituzione, il referendum può essere richiesto entro tre mesi da almeno un quinto dei parlamentari, da 500mila elettori o da cinque Consigli regionali.
Le opposizioni hanno già annunciato la loro intenzione di presentare la richiesta, mentre la maggioranza non esclude di partecipare attivamente alla campagna referendaria, convinta di poter ottenere il via libera dagli elettori. Il ministro Tajani ha dichiarato che Forza Italia è pronta a organizzare i comitati per il sì, con la consultazione prevista tra aprile e giugno 2026. Il referendum rappresenterà l’ultimo passaggio prima dell’eventuale entrata in vigore della riforma.
In Italia, i referendum costituiscono uno strumento di democrazia diretta che permette ai cittadini di esprimersi su leggi e modifiche costituzionali. Oltre al referendum confermativo, esistono il referendum abrogativo, volto a cancellare norme già esistenti, e il referendum territoriale, che riguarda modifiche di enti locali come regioni e comuni. Entro la fine del 2025, il Senato dovrà approvare definitivamente il testo della riforma. Solo dopo questo passaggio scatterà ufficialmente la procedura per il referendum confermativo, che impegnerà il dibattito politico per buona parte del 2026.