Con l’avvio del nuovo anno scolastico, tornano a farsi sentire le preoccupazioni sul carico lavorativo e la retribuzione degli insegnanti italiani.
Secondo una recente analisi dell’ANIEF, il lavoro effettivo di molti docenti supera di gran lunga le 18 ore settimanali previste dal contratto, arrivando spesso a oltre 50 ore settimanali, un impegno che però non trova adeguato riconoscimento economico.
Il lavoro sommerso degli insegnanti: un valore economico di 14.000 euro annui
Ogni anno, oltre alle ore di lezione, gli insegnanti dedicano tempo a molteplici attività indispensabili per il corretto svolgimento della didattica: riunioni, preparazione dei materiali, aggiornamenti professionali, correzioni, redazione dei Piani Educativi Individualizzati (PEI), incontri con le famiglie, gestione digitale, scrutini, prove Invalsi e organizzazione di uscite scolastiche. Questo lavoro extra, spesso invisibile nelle tabelle ufficiali, pesa notevolmente sul tempo settimanale, superando in diversi casi le 45-50 ore.
ANIEF ha quantificato il valore economico di questo lavoro sommerso in circa 14.000 euro annui per ogni insegnante, una cifra che attualmente non viene riconosciuta nelle buste paga. Un’assenza che contribuisce a mantenere un divario retributivo significativo tra il personale scolastico e altri comparti del pubblico impiego. Marcello Pacifico, presidente nazionale di ANIEF, ha sottolineato come sia urgente recuperare questo gap economico, proponendo che i 14.000 euro annuali vengano inclusi nel contratto di lavoro entro il 2030. La stessa richiesta riguarda anche il personale ATA, per il quale si chiede un riconoscimento di 8.000 euro all’anno.
L’obiettivo è ridurre il divario salariale rispetto ad altri settori pubblici, dove i lavoratori con funzioni analoghe percepiscono stipendi più elevati. Attualmente, infatti, il personale scolastico risulta penalizzato anche rispetto ai colleghi delle funzioni centrali, i quali hanno visto crescere sensibilmente il proprio stipendio. Un aspetto particolarmente critico riguarda le maestre della scuola dell’infanzia e primaria, che affrontano un carico orario e organizzativo superiore rispetto ai colleghi delle scuole secondarie, ma percepiscono stipendi inferiori di circa un sesto.

In un contesto europeo dove la media delle ore lavorative settimanali è inferiore a 46, molte di queste insegnanti italiane superano frequentemente le 45 ore settimanali. Secondo Pacifico, questa situazione contribuisce all’usura psicofisica e aumenta il rischio di burnout, fenomeno ancora non adeguatamente riconosciuto nei contratti di lavoro. Per questo motivo, ANIEF chiede che la prossima legge di bilancio preveda:
- risorse specifiche per il riconoscimento del burnout tra il personale scolastico;
- misure per l’anticipo pensionistico nei casi più gravi di stress lavorativo;
- un piano strutturato per colmare il divario salariale entro i prossimi tre rinnovi contrattuali.
In vista delle prossime trattative, ANIEF ha annunciato un ciclo di assemblee sindacali a partire da ottobre, rivolte soprattutto alle scuole con rappresentanze sindacali e candidati RSU. L’intento è quello di accrescere la consapevolezza tra i lavoratori della scuola e di stimolare una mobilitazione attiva per rivendicare diritti e riconoscimenti tuttora negati. Con lo slogan “Se non ora, quando?”, il sindacato lancia un appello non solo al governo, ma anche al personale scolastico stesso, invitando a far sentire con forza la propria voce dopo anni di silenzio e marginalizzazione.