La vita è cattiva e là fuori è un mondo difficile, meglio concentrarsi e spendersi sui social network e il surrogato/ampliamento di vita che portano con sè (surrogato o ampliamento, dipende da che parte della sociologia state).
Di certo quello che non cambia è la differenza tra il proprio vero-Sè e l’immagine di sè (che mette ansia).
Senza andare troppo nel filosofico citando tutte le teorie della costruzione del sè e della superficie e della profondità e della dicotomia tra essere e apparire e l’identità liquida e le sbronze tristi e le voglie e le necessità impellenti e sa il cristo cos’altro (scusate mi sono fatto un po’ prendere dalle dita che scrivono sulla tastiera, d’altronde sui social succede no?) -dicevamo, un’analisi curiosa è provare a capire i segreti che si nascondono dietro i vari archetipi di avatar usati su Facebook. Cioè la differenza tra quello che la gente vorrebbe dire e quello che dice veramente, con quelle fotine da 160×160 px con cui si decide di presentarsi nell’arena mediatica dei social (cit. da primi dell’800, ne convengo).
1) Sfocatura + Filtro Instagram
2) Personaggio Manga
3) Primissimo piano degli occhi
4) Primissimo piano sulle tette, viso non inquadrato
5) Foto d’infanzia
6) Foto abbracciati a un Vip (o qualcosa del genere)
7) In abito da sera
8) Con una bottiglia
9) Primo piano o mezzobusto con inquadratura molto particolare
10) La foto del gatto
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