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Chiudono i Comuni, ma i servizi a Milano o in un paesino di provincia sono decisamente diversi

Da domenica 15 novembre anche la Toscana e la Campania sono diventate zona rossa. Questa seconda ondata di contagi ci ha riportati, non solo dal punto di vista psicologico, a marzo. È un periodo incerto: siamo in lockdown ma non del tutto, alcune cose si possono fare e altre no, si può andare dal parrucchiere ma non dall’estetista, per dire. In alcune città delle nuove zone rosse, la giornata di sabato è stata vissuta come se fosse l’ultima della vita. File ai supermercati, ultimi aperitivi e ultime passeggiate in completa spensieratezza. Ma non in tutti i comuni è stato così. Città come Napoli e Firenze sono metropoli che possono offrire diverse valvole di sfogo al contrario di paesini di provincia da mille abitanti o meno.

A conti fatti, è giusto che chi viva in campagna non possa uscire dal proprio comune, se non per lavoro, spesa o salute, anche solo per fare una passeggiata? Non solo: città come Milano, Torino e Napoli hanno molti più servizi rispetto a un comune come Baldissero Torinese (TO). Abbiamo tutti gli stessi diritti, eppure, in questi casi, c’è chi rischia l’isolamento nel proprio comune solo perché non vive in una metropoli.

La legge è uguale per tutti, ma non tutti hanno gli stessi diritti

Nei DPCM che sono stati scritti in questi mesi, il Governo parla sempre di Comuni, ma in questa dicitura rientrano un sacco di luoghi dalle caratteristiche opposte. Dal punto di vista linguistico, per Comune si intende un ente locale che rappresenta la comunità, forma un governo cittadino autonomo e ha, al suo interno, un’autonomia statutaria, regolamentare e finanziaria. Questo, in base alla densità di popolazione, può avere delle zone limitrofe che costituiscono paesini con altri comuni, più piccoli, al loro interno.

Lo stile di vita di una famiglia media italiana non è uguale in ogni zona d’Italia. Basti fare un confronto tra una famiglia che vive a Milano e una che vive a Cusago (MI). La prima, seppur divisa in zone, ha molte più possibilità di qualsiasi tipo, restando nel proprio quartiere. Basti pensare che ogni municipio di Milano ha un numero di abitanti pari, se non maggiore, a un comune limitrofo o a un’altra città. Ad esempio, il Municipio 2 di Milano, che comprende la zona Stazione Centrale, Gorla, Turro, Greco e Crescenzago, ha 162,090 abitanti, circa quattromila in più rispetto a una città come Ravenna.

Il confronto si può fare con poco. In una metropoli si è più avvantaggiati non solo per il divertimento, ma anche per i servizi di prima necessità. Il primo esempio è la spesa. Le catene di supermercati offrono servizi di spesa online durante l’arco della giornata: se si è in isolamento si può riceverla tranquillamente senza dover fare troppi giri tra parenti e amici. Anche per quanto riguarda la banda larga, per chi vive in un piccolo Comune di provincia, è un problema. Molti sono costretti a lavorare da casa e tanti studenti, universitari e non, devono seguire le lezioni e sostenere esami online. Un paesino di duemila abitanti non avrà mai i mezzi di chi vive in una città di un milione di abitanti, spesso la linea internet arriva al massimo fino a 20 mega ed è molto congestionata quando sono tutti in casa.

I dati ISTAT

Secondo i dati ISTAT del 30 luglio 2020, i Comuni totali d’Italia sono 7.903. Tra questi, 5.495 sono Comuni sotto i 5.000 abitanti e rappresentano il 69,53% del numero totale dei Comuni italiani. Facendo un’analisi più dettagliata dei numeri, scopriamo che il Piemonte, zona rossa dal 6 novembre, è la regione con il maggior numero di Comuni  con meno di 5.000 abitanti: ne conta all’incirca 1.045, cioè il 19,02% del totale nazionale. A seguire c’è la Lombardia con 1.034.

Un’idea, potrebbe essere quella di unire più Comuni limitrofi durante il lockdown light, in modo da permettere a chi ci vive di avere gli stessi servizi di un cittadino, perché se i doveri sono uguali per tutti, sarebbe giusto che anche i diritti lo fossero.

 

Lucrezia Costantino

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