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Il campione e il ciccione

Charles Barkley era più forte di Michael Jordan. Ad assumersi, implicitamente ma non solo, la responsabilità di tale bestemmia è stata la Gazzetta dello Sport. Dove? All’interno dei fascicoli monografici “Le stelle Nba”, in edicola il mercoledì in allegato al quotidiano di color rosa. Quando? Nell’ultima uscita, dedicata all’ex Philadelphia 76ers.

Torniamo un attimo indietro, al primo numero della collana, dedicato a sua maestà Jordan, 6 titoli Nba in bacheca e un palmares lungo quanto il suo intestino. Bene, in uno degli ultimi capitoli, quello del pagellone, il numero 23 dei Chicago Bulls è introdotto con la seguente presentazione (il refuso è in omaggio, ma non divaghiamo): “Michael Jordan è stato non solo il migliore giocatore di basket di ogni tempo, ma anche il più completo. Quando si usa la parola completo tendiamo a pensare ad un giocatore appena la sufficienza (sic, nda) in tutto ma non eccezionale in niente. Invece, Michael Jordan era eccezionale in tutto: il migliore attaccante dell’Nba e pure il migliore difensore (…). Non gli mancava nulla”. Da quotare e straquotare (parolina saltata a parte, ma ho promesso di non divagare), anche per quel che riguarda i voti assegnati che poi non fanno altro che dare sostanza a tutto quel che si era affermato in precedenza. Ed ecco che MJ si merita 10 nello scatto, nella crescita, nell’elevazione e nel senso acrobatico, nella colonna senso tecnico finisce un sia pur lusinghiero 9, idem per quel che riguarda la tattica, poi c’è un 8, di più non si poteva dare in quanto a potenza.

Bene: il miglior manipolatore di palla a spicchi mai visto sulla faccia della terra collezione un 66/70. Bravi i curatori dell’opera Federico Buffa, Luca Chiabotti, Flavio Tranquillo e Dan Peterson (sì, bravo anche lui, ma quando commenta le partite su Sportitalia non potrebbe evitare quel fastidioso Yeah che fa tanto colonizzatore?), praticamente la crema del giornalismo di basket del Belpaese.

Quindi continui a comprarli quei fascicoli, magari ti dispiace un po’ perché trovi troppo presente e poco passato remoto ma va bene così, non si può avere tutto dalla vita. E non puoi fare a meno di sprizzare felicità da ogni retina almeno fino a mercoledì scorso, quando è uscito il capitolo dedicato a Charles Barkley. Un altro grande, coevo di Jordan, l’erede di Julius Erving, un ciccione dall’agilità di un canarino e dalla potenza di un caterpillar ma che alla fine in Nba non ha vinto un fico secco, riuscendo però a riscattarsi con due medaglie d’oro conquistate alle Olimpiadi con il Dream Team. Bello anche il fascicolo su di lui, ci mancherebbe, con un unico, fatale dubbio: ma chi ha redatto il pagellone si è reso conto che la sua votazione finale è più alta di quella di Jordan? Basta fare i conti: Barkley prende il massimo dei voti in potenza, crescita, elevazione, senso acrobatico,9 in scatto, senso tecnico e tattica. Totale: 67/70, contro il 66/70 di Mr. Air.

In poche parole, Charles era più forte e completo di Michael, che però risultava essere “il miglior giocatore di basket di tutti i tempi”, Gazzetta dixit. Come affermare che Pelè è stato il numero uno nella pedata per poi preferirgli Rivelino, oppure che come Jimi Hendrix la chitarra non la suonava nessuno ma era meglio il buon Blackmore. In fondo chi se ne frega: non sarà una svista o un accesso si pressapochismo a farci cambiare idea su chi sia stato il più grande di tutti. O no?

Giuseppe Catani

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