I cicli della vita e delle stagioni non esistono solo in natura. Esistono anche su Facebook si manifestano solitamente in status e condivisioni che tornano con cadenza regolare. Uno dei grandi classici è la mobilitazione generale che segue ogni cambiamento di grafica e che di solito segue queste tappe: protesta individuale sui singoli profili, creazione di un gruppo/pagina ufficiale, condivisione della pagina ufficiale, creazione di altre migliaia di gruppi/pagine ufficiali, condivisione di tutte le pagine ufficiali, crollo dell’interesse per l’argomento e resa. Il tutto, per fortuna, nell’arco di pochi, intensissimi giorni.
Un altro appuntamento imperdibile per gli abitudinari dell’internet è il momento in cui Facebook annuncia un cambiamento delle regole della privacy. Nell’arco di poche ore i feed di tutti si riempiono di annunci in cui utenti di ogni età, sesso, razza e religione dichiarano che no, loro non ci stanno a sottostare alle regole di Facebook e che no, Mark Zuckerberg non deve permettersi di usare le foto che hanno caricato. È successo tante volte, è successo di nuovo in questi giorni, dopo che Facebook ha anticipato che dal primo gennaio ci saranno alcune (piccole) modifiche legate alla privacy.
Il messaggio che circola su tante bacheche è questo:
Ecco: è perfettamente inutile. Come spiega Slate, i motivi sono principalmente tre.
Il primo è che lo statuto di Roma che viene citato esiste, ma riguarda i crimini di guerra, non la condivisione della vostra foto al tramonto sulla spiaggia.
Il secondo è che è perfettamente ininfluente il fatto che Facebook sia diventata un’azienda quotata in borsa.
Il terzo è che se se si vuole impedire a Facebook di usare quello che viene caricato sulla piattaforma, è sufficiente compiere un’azione: cancellarsi da Facebook. Nel momento in cui ci si iscrive, infatti, si decide di concedere al social network l’accesso e l’utilizzo delle informazioni e di quello che si carica. Punto, fine. Non vuoi che questo accada? Non ti iscrivi a Facebook. Nel momento in cui ti siedi al tavolo di un ristorante, accetti di pagare per quello che ordinerai: non serve a nulla dichiarare di opporsi al prelievo di soldi da parte del proprietario del locale. Facebook è la stessa cosa, con la sola differenza che non si paga un servizio con denaro contante, ma con informazioni e contenuti.
Scrivere quegli status, quindi, è perfettamente inutile. Così come probabilmente sarà inutile questo post, visto che le condivisioni di questo tipo torneranno ciclicamente, magari accompagnati dalla geniale introduzione: “So che tutto questo non serve a nulla, ma comunque lo condivido”.
Quindi, in conclusione, non possiamo che essere d’accordo con lui:
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