Quella sul referendum è la peggiore campagna elettorale di sempre

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Quella sul referendum costituzionale del 4 dicembre è la peggiore campagna elettorale italiana di sempre. Ci sentiamo di dirlo con una certa sicurezza, non tanto perché siamo dei super-esperti degli ultimi trent’anni di comunicazione politica del nostro paese, ma perché ci sembra francamente impossibile che in precedenza si sia scesi così in basso in quanto a qualità.

Partiamo da un presupposto: nessuno parla di quello che dovremmo andare a votare. È vero, il tema è molto tecnico e gli italiani sanno essere un popolo di 50 milioni di commissari tecnici di calcio, ma un po’ meno un popolo di 50 milioni di costituzionalisti. In più, da anni la discussione sui programmi è stata oscurata dallo scontro tra personaggi. L’insieme di queste distorsioni ha condotto a una campagna elettorale schizofrenica, interamente concentrata su un giudizio sul Presidente del Consiglio e su due narrazioni antitetiche delle conseguenze del voto.

Partiamo da Matteo Renzi, perché tutto in fondo nasce dalla sua scellerata idea di personalizzare il referendum, mettendo in gioco il proprio nome e il proprio governo e trasformando la consultazione in una sorta di referendum sul proprio operato. Renzi ha poi provato a ritrattare, ma ormai il danno era fatto e da lì in avanti è diventato impossibile invertire la rotta. Il passo successivo è stato infatti quello di dipingere due scenari completamente differenti in caso di vittoria del Sì o del No, con futuri paradisiaci o infernali a seconda del successo di uno schieramento o di un altro.

 

A testimonianza di questa follia, le relative campagne elettorali. Ad esempio uno spot del Comitato per il No, in cui un ragazzo chiede accoratamente ai genitori di votare No perché “io non ho un lavoro, lui (il padre, NdR) non ha i soldi per il cardiologo, lei (la madre, NdR) non sa quando andrà in pensione”. Tutte motivazioni che ovviamente non hanno il minimo legame con il quesito referendario e con la riforma della costituzione, ma che invece hanno molto a che vedere con la volontà di mandare un segnale contro il governo Renzi. Oltre a questo messaggio, nel video colpisce anche il tono eccessivamente teatrale della recitazione, ai limiti della parodia.

 

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Del resto riferimenti cinematografici non mancano anche nella campagna per il sì. Ad esempio questo post pubblicato sul sito Bastaunsi.it e intitolato Natale con la casta. Si riferisce a uno scenario legato a una vittoria del No e presenta un’immagine in bianco e nero in cui sono presenti facce dello schieramento per il No, genericamente indicati come casta: da Renato Brunetta a Massimo D’Alema, da Lamberto Dini a Pippo Civati. Il cortocircuito è doppio: da una parte chi è al governo indica l’opposizione come casta e già questo non è male come salto logico. Il capolavoro però arriva con la definizione “Natale con la casta”, che in realtà è una citazione di Boris – Il film, pellicola che nel 2011 portò al cinema i personaggi dell’omonima serie di Fox ambientata nel dietro le quinte della tv italiana. Ora: io sono un grandissimo fan di Boris, davvero entusiasta. Mi è piaciuto tutto di Boris, perfino il film, quello che non ha visto praticamente nessuno. Sì, perché fu un flop clamoroso al cinema, uno degli esempi più chiari dello scollamento tra hype online e paese reale. Tiro le somme: un partito accusato di essere lontano dal sentire del paese accusa l’opposizione di essere casta e per farlo cita un film che è l’emblema della distanza tra cultura elitaria e nazionalpopolare. Boooom. Inception è più lineare a confronto.

 

Ah, visto che stiamo parlando di Bastaunsi.it, non si può non citare l’epic fail più grosso di questa campagna elettorale, ovvero le milioni di lettere spedite dal PD agli elettore dall’estero, dove è stato indicato come sito di riferimento www.bastausi.it. Esatto, senza la N. Errore di battitura clamoroso non solo perché spedito a milioni di persone, ma anche perché alcuni sostenitori del No hanno registrato quel dominio errato e adesso reindirizza a un sito che invita appunto a opporsi al referendum.

 

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La chiusura di questa breve panoramica è però dedicata al Movimento 5 Stelle e in particolare a due manifesti. Protagonisti sono due animali: un asino e un cane (ma anche un agnellino e un pesce rosso, in altri manifesti della campagna). Nel primo si chiede di votare no con il messaggio “Una riforma che ci resta sul groppone? #Iodicono”, nel secondo “Un popolo al guinzaglio? #Iodicono”. Il messaggio di fondo, ovviamente, è: “se vuoi evitare di essere trattato come un asino/cane vota No”, ma è evidente che quello che passa al primo sguardo è che “Io voto no” sia la frase pronunciata dal soggetto del manifesto. Ovvero: chi vota no è un asino o un cane al guinzaglio.

 

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Il problema, ovviamente, non è solo tecnico, non è solo riferito alla qualità della comunicazione, ma anche alla qualità dell’informazione: gran parte dei siti e dei quotidiani sta realizzando articoli e video per spiegare nel merito il referendum, ma si tratta di contenuti che vengono sepolti da qualsiasi dichiarazione sopra le righe. Il risultato di tutto questo si trova nelle conversazioni in strada e nei bar, ascoltate per caso: “non ho capito, ma quindi se vince il No Renzi deve dimettersi e andarsene?”. Ecco, proprio così.

Marco Villa

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Marco Villa

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