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di Marco Villa 10 Ottobre 2014

Rischio Ebola: come si sta preparando l’Italia

In Italia saremmo in grado di fronteggiare un caso di ebola?

ebola

La storia di Maria Teresa Romero, l’infermiera spagnola che ha contratto l’ebola, ha messo in primo piano il tema della preparazione dei paesi europei di fronte al rischio contagio. Romero è stata infettata mentre prestava assistenza a Manuel Garcia Viejo, missionario che si è ammalato in Sierra Leone e che è morto a Madrid il 25 settembre.

Il contagio è avvenuto per aver portato i guanti infetti a contatto con gli occhi, permettendo così la trasmissione di fluidi e il conseguente contagio. In Spagna in questi giorni si discute molto di questo errore, per capire se si tratta di una tremenda leggerezza dell’infermiera o se sia invece da imputare a una mancanza di informazioni da parte delle istituzioni riguardo la svestizione, il momento più delicato nel rapporto tra infermiere e paziente.

Di fronte a questi problemi, viene spontaneo porsi una domanda: in Italia come siamo messi? Siamo pronti a ricevere un eventuale malato di ebola?

In Italia sono presenti due ospedali considerati l’avanguardia per la gestione e la cura di una persona infetta: l’ospedale Sacco di Milano e il Lazzaro Spallanzani di Roma. Nel caso in cui un aereo in arrivo dall’estero abbia tra i passeggeri un sospetto caso di ebola, il volo verrebbe fatto atterrare a Fiumicino o Malpensa, in una apposita aerea lontana dal resto dell’aeroporto. Qui un’equipe di medici salirebbe a bordo con tute di sicurezza per prendere in carico il sospetto contagiato e portarlo in uno dei due ospedali di riferimento. Arrivato a destinazione, il possibile malato verrebbe accolto da una squadra che ha partecipato a corsi di formazione ed è in grado di fronteggiare ogni rischio.

Negli ultimi mesi, presso l’ospedale Sacco di Milano sono stati visitati 8 pazienti che erano stati in Liberia, Guinea o Sierra Leone e che accusavano febbre alta. Nessuno di loro è risultato infetto, ma in ognuno di questi casi è stato attivato l’apposito protocollo. Al Sacco, poi, sono sempre presenti almeno 4 infettivologi, in grado di gestire eventuali emergenze e di supportare i colleghi di altri ospedali.

La seconda possibilità, infatti, è che il sospetto caso di ebola si verifichi presso un ospedale: in quel caso il paziente verrebbe subito isolato nel reparto infettivi e, se il sospetto di contagio fosse molto forte, verrebbe prelevato da una squadra apposita e portato in uno dei due ospedali principali.

Va ricordato che si rischia di venire infettati dall’ebola solo se si entra in contatto con i fluidi di una persona malata: stare vicino a un possibile infetto (ad esempio nella sala d’attesa di un ospedale o su un volo aereo) non è pericoloso.

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