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La mafia uccide solo d’estate: il racconto di Pif è perfetto per la tv

Il cast di “La mafia uccide solo d’estate”

 

Il 21 novembre sono andate in onda su Rai1 le prime due puntate di La mafia uccide solo d’estate, la serie tv tratta dall’omonimo film di Pif uscito nelle sale tre anni fa. Scritta dallo stesso Pif insieme agli sceneggiatori Stefano Bises, Michele Astori e Michele Pellegrini, la serie è composta da dodici episodi per la regia Luca Riboli che raccontano la storia di una famiglia comune nella Palermo degli anni ’70, vista attraverso gli occhi di un bambino delle elementari. È andata bene: più di sei milioni di spettatori, una media del 22% di share e recensioni positive un po’ ovunque. Se non l’avete vista, potete recuperarla gratuitamente su RaiPlay.

 

Ma facciamo un passo indietro. Lo stile di Pif al cinema è abbastanza definito e riconoscibile: alterna momenti quasi da favola ad altri direttamene ispirati alla cronaca del periodo che sta trattando (gli anni ’70 palermitani in La mafia uccide solo d’estate e il secondo conflitto mondiale in Sicilia nell’ultimo In guerra per amore).

Se inizialmente le sue storie possono sembrare un po’ naif  – e a volte lo sono davvero – poi ci si ritrova schiacciati da immagini commoventi e molto pesanti. È un modo molto intelligente per trattare il tema della mafia, diverso dalle tante fiction che troppo spesso hanno rappresentato l’argomento senza avere una vera visione autoriale, portando a prodotti piatti e insapore.

 

Claudio Gioè e Nino Frassica

 

Pif ci spiega come la mafia sia un componente che influenza i palermitani nella vita di tutti i giorni: nel film del 2013 il concetto era già chiaro, ora nella serie viene espresso ancora meglio, perché ci sono più dettagli e il formato è decisamente più adatto a raccontare storie composte di tanti piccoli avvenimenti quotidiani. La recitazione degli adulti è ottima – su tutti Claudio Gioè, nella parte del padre del protagonista – i bambini non sono al livello di quelli di Stranger Things, ma pazienza.

C’è una lieve atmosfera surreale – davvero efficace – quando si racconta del palermitano medio che continua a non vedere i morti per strada o non sente le bombe che esplodono. C’è un uso più massiccio della voce fuori-campo di Pif che crea un bel ping pong con le scene e, grazie a una dose di autoironia, rende il narratore e i suoi personaggi ancora più umani, con le loro goffaggini e i loro difetti. Il primo episodio procede spedito con un ritmo notevole e una sceneggiatura ben scritta, la seconda rallenta già il tiro e fa affiorare il timore che ci possa essere qualche problema di tenuta sulla lunga distanza.

 

Pif

 

Passando ai difetti, il più grosso limite della serie è non riuscire a trasmettere un personalità veramente forte. Le tante sfumature sono ben disegnate, ma l’insieme risulta ancora un po’ debole. Però Pif le carte in regola ce le ha tutte: con Il Testimone – a mio avviso una delle cose più belle proposte in tv negli ultimi dieci anni – ci aveva dimostrato di avere una sensibilità decisamente elevata, praticamente unica, e di essere bravo a inventarsi format cuciti su misura per lui. Con La mafia uccide solo d’estate Pif prova a fare lo stesso, il gioco non gli riesce sempre, ma la strada è quella giusta. In futuro potrà regalarci cose ancora più importanti, al cinema come in tv.

Sandro Giorello

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