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Il nuovo The X-Files è un meraviglioso delirio complottista

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Tredici anni sono tanti, tantissimi. In tredici anni può succedere di tutto, persino che argomenti da fantascienza diventino la base di dibattiti e discussioni quotidiane. L’ultima puntata di The X-Files andava in onda nel maggio 2002, erano passati nove mesi scarsi dall’11 settembre e iniziava a farsi strada tra siti e forum la teoria che gli attentati alle Torri Gemelle fossero una gigantesca montatura di governo, FBI, CIA per destabilizzare l’ordine mondiale, provocare guerre e avere una scusa per stringere i controlli sulla popolazione. All’inizio sembravano idee bizzarre destinate a sparire in breve tempo, ma dopo oltre un decennio quelli convinti che le cose siano effettivamente andate in questo modo sono ancora tanti e la convinzione che ci sia sempre qualcosa di segreto dietro tutto ciò che accade è pienamente radicata. È questo il panorama in cui torna The X-Files, con sei episodi che andranno in onda su Fox dal 24 gennaio e trasmessi in Italia (sempre su Fox) a 24 ore di distanza.

 

 

E va detto che The X-Files ha sempre sguazzato in questa pozza di dubbi e “non crederai davvero che”: una serie tv interamente dedicata a quei casi che le autorità dovevano tenere segreti per evitare che la gente andasse nel panico. Tredici anni fa, The X-Files era l’avanguardia, diciamo così, di questo pensiero, ma nessuno dubitava che si trattasse di finzione. Oggi è esattamente il contrario: basta fare qualche ricerca su internet per trovare manciate di siti che fanno sembrare ingenui giochi da bambini le indagini degli agenti Fox Mulder e Dana Scully, come sempre interpretati da David Duchovny e Gillian Anderson. Andare di nuovo in onda in questo contesto imponeva al creatore Chris Carter di osare e spingere ancora più all’estremo la sua invenzione. E Chris Carter non si è fatto sfuggire l’occasione, facendo compiere a The X-Files un triplo salto carpiato nel complottismo.

 

David Duchovny e Gillian Anderson ai tempi del primo The X-Files

 

La premessa dell’episodio My Struggle è che Mulder e Scully sono andati avanti con la propria vita. Lui imbarbarito, paranoico e isolato dal mondo e molto simile a Hank Moody di Californication, Scully, invece è un rispettabile chirurgo. Entrambi però hanno visto troppo per poter tornare a essere comuni cittadini, quindi basta poco (la chiamata di un complottista diventato ricchissimo con trasmissioni a tema, interpretato dall’ex Community Joel McHale) per farli tornare in campo. Per i motivi già citati, la sfida non può essere quella di sempre e il primo episodio della nuova miniserie, presentato in anteprima internazionale al Courmayeur Noir In Festival, svela l’orizzonte lungo il quale si muoveranno le loro indagini. E qui arriviamo al capolavoro del delirio complottista: Mulder scopre infatti che tutti i casi di rapimenti alieni ed esperimenti vari su cui aveva indagato con Scully nel corso dei nove anni della serie regolare non avevano niente a che fare con gli extraterrestri. Ovvio, gli alieni esistono e sono anche passati dal nostro pianeta, ma tutti i casi di avvistamento e simili sono in realtà legati a esperimenti compiuti dai vari governi mondiali, che dall’inizio del ‘900 sono in possesso di tecnologia aliena e in qualche modo devono testarla. Booom! In un colpo solo anche il più accanito fan delle scie chimiche viene rimesso al suo posto, con Mulder & Scully che tornano a guidare la schiera mondiale di quelli che sanno che la verità è la fuori.

 

David Duchovny e Gillian Anderson nel primo episodio della nuova miniserie di The X-Files

 

Per avere senso nel 2015, The X-Files doveva compiere questo salto in avanti, ma allo stesso tempo aveva bisogno di mantenere i legami con quanto raccontato in passato, portando i nuovi spettatori nel proprio mondo. Per questo, nonostante tutti gli elementi di collegamento siano inseriti con una certa scioltezza, il primo episodio risulta per forza di cose interlocutorio: la nuova prospettiva delirante che abbiamo descritto in precedenza può diventare entusiasmante nel suo sviluppo, ma per il resto l’episodio viaggia a ritmi piuttosto bassi, senza guizzi di regia e con accenti a tratti eccessivi sulle frasi-tormentone storiche di The X-Files. My Struggle è quello che doveva essere: un buon collante tra quello che è stato e quello che arriverà, un episodio transitorio di natura. Allargando un po’ lo sguardo, però, la sensazione è che The X-Files possa riservare grosse soddisfazioni. L’importante è volerci credere, come sempre.

Marco Villa

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