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Chi affitta con Airbnb a Berlino dal 1° maggio rischia una multa da 100mila euro

Periodo di grossi cambiamenti per i proprietari di casa che affittano con Airbnb a Berlino

 

Tempi duri per Airbnb a Berlino: dopo un periodo di transizione durato due anni, dal 1° maggio 2016 infatti è entrata definitivamente in vigore una norma che minaccia multe salatissime – fino a 100mila euro – ai proprietari che affitteranno l’intero appartamento agli inquilini.

Tutto tranquillo invece per chi affitta solo una stanza o più di una del proprio appartamento, ma quel che conta è che non sia l’intero appartamento o addirittura il palazzo a essere dato chiavi in mano agli inquilini. Volete farvi una cultura sul tema? C’è un progetto di data journalism proprio sulla querelle Airbnb contro Berlino, e si chiama Airbnb VS Berlin. È tutto in inglese.

 

Le zone di Berlino dove si concentrano il maggior numero di appartamenti affittati su Airbnb

 

I motivi del giro di vite voluto dal legislatore? Le fluttuazioni del mercato immobiliare causate proprio dall’arrivo di una delle piattaforme simbolo della sharing economy: troppi i proprietari che preferivano affitti a breve o brevissimo termine rispetto a quelli che sceglievano lunghi contratti di locazione, magari pluriennali.

Il mercato degli affitti berlinese con prezzi tradizionalmente molto accessibili si stava quindi restringendo, con la conseguenza diretta di prezzi schizzati alle stelle. Ricapitoliamo: meno case in affitto per lunghi periodi, domanda di affitti in crescita, prezzi che vanno in su: un dato preciso? Gli affitti a lungo termine a Berlino sono cresciuti del 56% tra il 2009 e il 2014.

 

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Insomma, per mille motivi Airbnb a Berlino era la tempesta perfetta. Raffaele Oriani scriveva sul Venerdì di Repubblica a proposito di Berlino ed Airbnb che “con i flussi turistici sono aumentate anche le camere messe a disposizione dai privati: solo quelle targate Airbnb erano 1.600 nel 2011, ben 17.500 a fine 2015. La sharing economy corre tanto veloce da mettere a dura prova la proverbiale efficienza del sistema legale tedesco: dal maggio 2014, data di entrata in vigore della legge sul «divieto di alterazione dello scopo dello spazio abitativo» (in tedesco è un’unica parola!), l’offerta di Airbnb invece di crollare è cresciuta di oltre il 50 per cento, mentre l’invito agli «abusivi» ad autodenunciarsi per godere di due anni di tolleranza amministrativa ha raccolto poche migliaia di adesioni.E se fosse il rigore teutonico a doversi arrestare di fronte all’avanzata dell’«economia della condivisione»?“.

Nella norma berlinese “anti Airbnb” c’è poi anche spazio per la delazione, dato che si potranno denunciare in forma anonima i proprietari che violeranno le regole, affittando per esempio l’intero appartamento. E in Italia? In Italia si parla di una legge che arriverà domani, il 3 maggio, in Parlamento. L’iter sarà lunghissimo, ma intanto, si parla di come pagheranno le tasse i proprietari che affittano in Italia con Airbnb. Infatti si legge su Repubblica che: “L’altro discrimine fissato dalla legge, il confine tra chi condivide per hobby (o per arrotondare) e chi lo fa per lavoro, è quello dei 10mila euro annui. Sotto questo tetto le entrate (cumulate tra tutte le piattaforme) figurano come “redditi da condivisione”, con tassazione agevolata al 10%. Sopra, si sommano ai normali redditi da lavoro, con relative aliquota (…) La norma prevede che le piattaforme agiscano per gli utenti da sostituto di imposta. Una misura che permetterebbe di far emergere attività per 450 milioni di euro, finora nascoste al Fisco“.

Gabriele Ferraresi

Lavoratore intellettuale salariato

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