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Home Society

Studio Ghibli: i nuovi adattamenti italiani dei film sono peggio dei meme

by Simone Stefanini
18/12/2015
in Society
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Studio Ghibli: i nuovi adattamenti italiani dei film sono peggio dei meme
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Come, prego?

 

Se siete veri fan dei capolavori d’animazione dello Studio Ghibli, allora vi sarete certo accorti di qualcosa di strano. Per veri fan intendiamo quelli che conoscevano Totoro o Only Yesterday ben prima del loro adattamento per le sale italiane. Anni spesi a conservare VHS o a cercare sub ita – e quando non c’erano, sub eng, anche amatoriali – pur di guardare i film di Miyazaki e di Takahata.

Oggi è tutto più semplice: i film, grazie alla Lucky Red, sono disponibili in lingua italiana ed escono addirittura al cinema. L’unica nota stonata di questa operazione  casomai è proprio l’adattamento nella nostra lingua.

Chiunque abbia visto o acquistato la nuova versione di La Principessa Mononoke, sarà sicuramente saltato sulla sedia quando i personaggi inneggiano al Dio Bestia. Ok, può essere una traduzione letterale, ma si tratta pur sempre di una bestemmia, una di quelle da peggiori bar dell’entroterra toscano durante una partita a carte.

Ma a parte questa nota di colore, il linguaggio usato spesso è davvero obsoleto e la costruzione della frase fallace, tanto da provocare difficoltà di comprensione.

 

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Eccoci. Il Dio Bestia della nuova edizione di La Principessa Mononoke, nel vecchio doppiaggio era lo Spirito della Foresta

 

Ad alimentare la nostra tesi contribuisce soprattutto la pagina Gli sconcertanti adattamenti italiani dei film Ghibli. Pur creando meme satirici, in realtà ha una funzione ben più filologica: comparare la versione giapponese e le eventuali vecchie versioni italiane con la nuova e capire se c’è qualcosa che non funziona. Abbiamo parlato con Nicoletta, che della pagina è admin.

La traduzione delle edizioni Lucky Red è più fedele rispetto alle precedenti edizioni?
Innanzitutto è bene specificare che tutte le traduzioni e gli adattamenti dei film dello Studio Ghibli pubblicati ultimamente da Lucky Red sono da imputare alla stessa persona, tale Gualtiero Cannarsi. Non c’è dubbio che nelle vecchie edizioni di alcuni di quei film (per esempio Mononoke Hime) ci fossero delle frasi inventate dal nulla e che quindi la nuova versione sia più fedele; il problema è che più che di fedeltà, in molti casi si parla proprio di traduzione letterale, senza alcun rispetto delle regole sintattiche e grammaticali, dell’uso corrente o del contesto culturale della lingua di destinazione: ne sono un esempio la costruzione della frase che appare spesso, con il verbo alla fine della stessa, l’uso insistente dei vari appellativi fratellone, sorellona, papino o il terribile dio bestia.

 

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Nell’originale, utilizzano la parola ‘kechi’, che significa avari o tirchi. Ecco, magari micragnosi poteva essere un filino semplificata

 

Perché a volte la lingua appare così antiquata? Capita in generale agli adattamenti dal giapponese?
La lingua risulta antiquata per una precisa scelta stilistica dell’adattatore, come è facile riscontrare leggendo in rete i suoi vari interventi; e per quanto mi riguarda, non ho avuto modo di notarlo in nessun’altra produzione giapponese se non in quelle curate dal suddetto Cannarsi.

 

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Andare a dormire a dovere. Nemmeno Edmondo De Amicis nel libro Cuore usava un’espressione così antiquata. Ma poi, di preciso, dove sta Dovere?

 

Come ti è venuto in mente di fare questa pagina satirica?
L’idea della pagina mi è stata suggerita da un gruppo di persone deluse dal trattamento riservato a queste opere nel nostro Paese. Opere principalmente destinate a un pubblico di più giovani, che proprio a causa della difficoltà oggettiva di comprensione dei dialoghi viene tagliato fuori. 

 

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Decidiamoci: è completato o no? Sono due cose diverse

 

Siamo aperti in ogni caso al diritto di replica e saremo ben lieti di pubblicare la versione di Gualtiero Cannarsi.

 

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Una costruzione sintattica da infarto. Nemmeno il Maestro Yoda cambia così l’ordine delle parole in una frase.

 

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Tranquilla. Magari potrebbe recare seco anche un dolciume. Ma poi, perché così tanti diminutivi?

 

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Altra costruzione della frase un po’ così. Adattamento originale: “Quella donna è malvagia e nessuno potrà impedirmi di ucciderla”.

 

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Cosa? Qui siamo nel regno della supercazzola. Lasciare com’era prima, cioè “Dovevo controllare la spedizione di domani” pareva brutto.

 

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È che difatti. Vuole venire. OK.

 

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Quando si guasta la stoffa da chi si ripara? Dallo stofficista? O dallo stoffiere?

 

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Dio, i diminutivi. Due nella stessa frase creano un imbarazzo mortale.

 

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A parte il doppio senso evidente, ma poi mi raccomando “E di converso”, altrimenti non vale.

 

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Financo. Nonnina. Qui c’è la chiara intenzione di farci uscire di senno.

 

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Per benino è la formula più gettonata per tradurre a modo, a dovere, con attenzione ecc. E tutti i personaggi di colpo diventano una nonnina.

 

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Ora, non è che ci aspettiamo che i film di Miyazaki siano tradotti come Pulp Fiction, ma sul serio buggerato?

Tags: memepiù lettistudio ghiblitraduzione
Simone Stefanini

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