Society
di Gabriele Ferraresi 20 Luglio 2016

Ma davvero Torino diventerà una città vegana?

Il programma del Sindaco Chiara Appendino e un punto controverso: la promozione della dieta vegetariana e vegana

Il programma della   Il punto contestato del programma di Chiara Appendino. È disponibile in download su Slideshare

 

Ma davvero Torino sta per diventare una città a dieta vegana? Davvero il neo Sindaco del Movimento 5 Stelle Chiara Appendino vuole mettere a stecchetto i torinesi? Ma figuriamoci, non accadrà nulla del genere: però tutto il rumore che si è generato online dopo la pubblicazione del programma, con quel riferimento alla promozione della dieta vegetariana e vegana fa proprio pensare il contrario.

Come mai? Per tanti motivi. Soprattutto perché il tema è di quelli che scatenano tifo da stadio privo di qualunque razionalità, onnivori contro vegetariani (o vegani) e viceversa, guelfi della salamella contro ghibellini del sedano, un po’ perché nelle arene dialettiche dei social media questo generi di scontri è particolarmente acceso, rovente, e va avanti per centinaia di commenti, impiega giorni a spegnersi.

Ma vediamo nel dettaglio di cosa si tratta. Nel programma di Chiara Appendino si legge, a pagina 26, all’interno della sezione Azioni di breve periodo – Fondi Europei, un punto in cui si parla di dieta vegetariana e vegana. Le parole esatte sono queste “promozione della dieta vegetariana e vegana sul territorio comunale, come atto fondamentale per salvaguardare l’ambiente, la salute e gli animali attraverso interventi di sensibilizzazione sul territorio“.

I programmi elettorali sono un po’ come i piani industriali o i piani editoriali: li fai perché te li chiede qualcun altro e li rispetterai se va bene per 1/4. I restanti 3/4 li cambierai in corsa, non li applicherai mai, li lascerai lettera morta, o tutte e tre le cose insieme. Non c’è da da dargli troppo peso a un programma. Si parla, traducendo quindi dal burocratese, di impiegare fondi europei per non meglio precisati interventi di sensibilizzazione.

Cosa potranno essere questi interventi? Qualche banchetto per strada? Una giornata dedicata a? Più o meno. Infatti Maurizio Tropeano de La Stampa di Torino ha intervistato Stefania Giannuzzi, assessore all’Ambiente e alla tutela degli animali della giunta Appendino, la quale ha spiegato che “si potrebbe studiare la riproposizione del Veg-festival ma anche momenti simbolici sul modello delle domeniche ecologiche, «cioè una giornata dove si invitano i cittadini a non consumare carne spiegando le ragioni di questa scelta ma chiarendo anche che si tratta di una partecipazione assolutamente volontaria e che nulla sarà imposto».” tutto su base volontaria, e ci mancherebbe anche altro. Però.

Però. Però c’è forse da dare un peso diverso ad altro, rispetto a quel punto. Perché c’è chi parla, a proposito di quel punto di programma di Chiara Appendino della nascita di uno Stato etico a 5 Stelle, che entra nelle abitudini dei cittadini, che pretende di trasformare il peccato in reato.

Insomma. Se siamo agli albori di uno Stato etico, è davvero uno Stato etico all’acqua di rose, a pagina 26. E se ne può però certamente discutere: perché lo Stato deve fornirmi servizi, che io pago tramite le tasse, fine. Non impormi o indirizzarmi verso comportamenti ritenuti più o meno salubri.

Sarà l’ora di pranzo, ma a me questa querelle ha fatto tornare in mente quando qualche anno fa si studiava la tassazione delle bevande gassate: piene di zucchero, e quindi per mille motivi nocive alla nostra salute.

All’epoca Piero Ostellino, scriveva sul Corriere della Sera alcune righe davvero condivisibili, anche oggi, sul tema dello Stato etico, e di quanto sia lecito che intervenga nei comportamenti individuali: “Lo Stato già provvede a disciplinare, spesso persino troppo, i comportamenti individuali e a far fronte alle conseguenze delle possibili deviazioni (ancorché non giuridicamente perseguibili). Non è un Ente benefico, bensì un organismo che fornisce servizi in cambio delle tasse che fa pagare; se non ci fossero le tasse, non ci sarebbero i servizi e neppure lo Stato (che, anche soprattutto, dal punto di vista liberale, è necessario alla convivenza civile).“.

E ancora: “Ingrassare, a causa di una alimentazione non regolata, e, di conseguenza, (eventualmente) ammalarsi, così come dilapidare i propri guadagni, e trovarsi nell’indigenza in vecchiaia, sono fatti personali, alle cui conseguenze, peraltro, lo Stato già pone rimedio col welfare (Sistema sanitario e pensionistico generalizzati). Sostenere che l’alimentazione è un fatto pubblico significherebbe riconoscere allo Stato il diritto di imporre comportamenti, anche in altri campi, che violerebbero gli stili di vita personali“.

Tutto giusto, per quel che mi riguarda, sottoscrivo ogni sillaba.

Sapete però giusto qualche riga sotto, cosa aggiungeva Ostellino? Questo “Non può essere obbligatorio mettere la maglietta della salute per non prendere la bronchite e evitare di gravare sul prossimo. Non spetta allo Stato, ma ai genitori e/o, se vogliamo, alla scuola, a libere campagne promosse alla bisogna, educare giovani e meno giovani ad una corretta alimentazione“. A questo punto potremmo discutere qualche altro giorno se quella vegetariana o vegana siano definibili come corretta alimentazione. Ma a quel punto, davvero, non ne usciremmo più: anche perché Torino e i torinesi continueranno a mangiare quel che gli pare. Come chiunque altro, del resto.

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