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Home TV e Cinema

Abbiamo visto Split, la storia vera di un uomo con 24 personalità diverse

by Eva Cabras
03/02/2017
in TV e Cinema
0
Abbiamo visto Split, la storia vera di un uomo con 24 personalità diverse

Split è uscito in Italia il 20 gennaio 2017 ed è l’ultimo film del regista M. Night Shyamalan, colui che vi ha tolto il sonno (e il senno) con Il sesto senso, Unbreakable e The Visit. Il suo protagonista è Kevin, un ragazzo affetto da disturbo dissociativo della personalità che manifesta 23 diversi alter ego. Nei complessi e mutevoli panni di Kevin c’è il britannico James McAvoy, già noto per le sue molteplici interpretazioni in X-Men, affiancato da Anya Taylor-Joy nei panni di Casey, la più tosta tra le tre ragazze che il protagonista rapisce. Per vederlo al cinema in lingua originale ho praticamente venduto l’anima al diavolo, scritto lettere imploranti ai cinema di mezza Toscana e incrociato le dita. Alla fine me la sono cavata con tre ore di macchina in un anonimo mercoledì sera, ma conta solo una cosa, che ne sia valsa la pena.

Split è un film perfettamente riuscito, con l’aggraziata capacità di stupire. La sorpresa però non arriva dai tanto attesi colpi di scena a cui Shyamalan ci ha ormai abituati, ma da loro completa assenza. Apparentemente, Split è infatti di una semplicità disarmante. Inizia e finisce come un solido thriller psicologico, ma basta grattare un momento sotto la superficie per far emergere i parallelismi con il superhero movie e con l’horror delle possessioni. Kevin e le sue 23 personalità sono contemporaneamente un killer mentalmente disturbato, un possibile villain da fumetto e un’incarnazione demoniaca di biblica memoria. My name is Legion, for we are many.

Billy Milligan, a cui è ispirato il film di Shyamalan

 

La storia raccontata in Split prende largamente ispirazione da un caso clinico realmente esistito, quello di William Stanley Milligan, detto Billy, che mostrò fin dalla prima infanzia (metà dei 50s) i sintomi del disturbo dissociativo della personalità, ma solo in seguito agli abusi da parte del patrigno a 9 anni, la personalità di Billy si è disintegrata in 24 frammenti. La prima ad emergere è stata Christene, una bambina dislessica di 3 anni, seguita dalle identità dominanti: quelle del londinese Arthur, che parlava e scriva tranquillamente in arabo, e dello iugoslavo forzuto Ragen Vadascovinich, grazie al quale Billy era capace di sradicare lavandini a mani nude. Allen era capace di suonare la batteria, mentre Tommy era un esperto informatico e il fatto sorprendente è che le abilità dei singoli alter ego erano specifiche di ognuno, non trasferibili.

Un quadro dipinto dallo stesso Billy Milligan in cui ha disegnato alcuni dei residenti nella sua mente

 

I vuoti di memoria causati dall’alternarsi delle identità sono stati alla base della difesa di Milligan durante i suoi processi penali, perché non sempre gli “ospiti” rispettavano le regole. Nel 1977 Billy rapì e stuprò tre studentesse universitarie, guidato da quelli che lui chiamava “gli indesiderati”. Tra le sue 23 personalità c’era infatti quella di Alana, la 19enne lesbica che ha commesso materialmente gli stupri, affiancata da alcune delle altre identità bandite poiché incapaci di adeguarsi alle convenzioni sociali più basilari. Kevin assumeva ogni tipo di droga, così come Philip, l’omofobo del gruppo. Solo uno degli alter ego era credente, l’ebreo Samuel, un altro era australiano e quello più piccolo era Shawn, 4 anni, sordo.

Attraverso una terapia specializzata, Milligan riuscì per breve tempo a fondere insieme tutte le sue personalità, creando Il Maestro, ma i continui ricoveri in strutture detentive non adeguate hanno vanificato i precedenti sforzi. Un caso più unico che raro, a cui il film di Shyamalan rende giustizia.

 

Tags: horrornewspsicologia
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