Un caso sospetto di intossicazione da cloro è stato segnalato in una piscina della periferia di Roma, dove alcuni bambini hanno manifestato sintomi compatibili con l’esposizione a una concentrazione troppo alta di disinfettante nell’acqua. L’episodio è avvenuto nel pomeriggio del 3 giugno 2025, durante una giornata di attività ludiche organizzate da un centro estivo. Alcuni piccoli partecipanti hanno iniziato a lamentare bruciore agli occhi, difficoltà respiratorie e irritazioni cutanee. I genitori, allarmati, hanno richiesto l’intervento dei sanitari. Le autorità stanno verificando la corretta manutenzione dell’impianto e i dosaggi dei prodotti chimici utilizzati.
Il ruolo del cloro nella sicurezza dell’acqua
Il cloro è un elemento indispensabile per il mantenimento dell’igiene nelle piscine pubbliche e private. Serve a neutralizzare i microrganismi patogeni, come batteri e virus, che possono proliferare in acqua stagnante. Senza di esso, il rischio di contaminazioni e infezioni aumenterebbe in modo significativo. Il suo utilizzo, però, richiede attenzione e precisione, perché un dosaggio errato può risultare dannoso, specialmente per i soggetti più fragili.
Esistono diverse formulazioni impiegate nei trattamenti dell’acqua: l’ipoclorito di sodio, ad esempio, è molto usato per le piscine pubbliche ed è efficace per la disinfezione rapida, ma ha un’alta reattività. L’ipoclorito di calcio è più concentrato e viene usato nei trattamenti shock, mentre il dicloro si dissolve velocemente e si impiega per mantenere stabile la qualità dell’acqua. Il tricloro, più lento, è adatto alla clorazione continua.

Ogni prodotto ha una concentrazione diversa di cloro attivo, che va gestita con strumenti di controllo chimico precisi. La normativa italiana impone controlli regolari, ma in caso di negligenza nella gestione, la concentrazione di cloro può salire oltre i limiti di sicurezza. Il problema più frequente è legato alla formazione di clorammine, sostanze irritanti prodotte dalla reazione tra cloro e residui organici (come sudore o urine), spesso responsabili del forte odore tipico di alcune piscine e di sintomi come tosse secca, bruciore alla gola e mal di testa.
Esposizione e rischi per la salute
L’episodio di Roma ha riportato l’attenzione su questi rischi sanitari, soprattutto nei confronti dei più piccoli. I bambini, per la loro maggiore sensibilità cutanea e per il tempo prolungato che trascorrono in acqua, sono più esposti agli effetti di una disinfezione mal calibrata. Anche un’esposizione breve può causare irritazioni oculari e difficoltà respiratorie, specie in ambienti coperti con scarsa ventilazione.
I segnali di allarme sono chiari: odore pungente nell’aria, sensazione di fastidio agli occhi, pelle arrossata o che prude dopo il bagno. Quando i livelli di cloro superano i valori raccomandati, si crea una condizione di stress chimico per l’organismo. Nei casi più gravi, possono insorgere sintomi neurologici come nausea, capogiri e, raramente, svenimenti. Sono situazioni che richiedono un intervento medico immediato e la sospensione dell’attività in piscina.
Per contenere questi rischi, ogni struttura dovrebbe adottare protocolli rigorosi di controllo, con personale formato e strumenti adatti a monitorare in tempo reale la qualità dell’acqua. Non bastano le analisi periodiche: serve una supervisione continua, soprattutto in contesti dove l’afflusso di bagnanti è elevato. La ventilazione forzata, l’obbligo di docce preliminari, e una manutenzione giornaliera dell’impianto sono misure essenziali per evitare incidenti.
Nel caso della piscina romana, i campioni d’acqua prelevati sono ora all’esame dell’ASL, che verificherà eventuali irregolarità. I bambini coinvolti sono stati dimessi con sintomi lievi, ma resta alta l’attenzione su eventuali sviluppi. L’inchiesta amministrativa in corso dovrà chiarire se si sia trattato di un errore umano, di un guasto tecnico o di una mancata verifica dei parametri di sicurezza.