L’inchiesta sul cosiddetto “Sistema Pavia” si arricchisce di nuovi sviluppi che intrecciano profondamente la vicenda con il noto delitto di Garlasco.
Le indagini, avviate per presunti scambi di favori tra magistrati, imprenditori, politici e forze dell’ordine, coinvolgono ora anche figure chiave legate a entrambi i casi, ampliando il quadro investigativo e sollevando ulteriori interrogativi sulle dinamiche interne della procura pavese.
L’espansione delle indagini e il coinvolgimento nel delitto di Garlasco
Gli ultimi aggiornamenti emergono dai decreti notificati all’ex procuratore di Pavia, Mario Venditti, e al pubblico ministero Pietro Paolo Mazza, ora operativo a Milano. Entrambi sono contestati per corruzione e peculato, con accuse che riguardano la gestione di fondi pubblici per un valore stimato di circa 750mila euro e l’utilizzo improprio di una decina di auto di grossa cilindrata. Gli investigatori stanno approfondendo acquisti, pagamenti e spese di manutenzione di queste vetture, incluse operazioni come tagliandi e cambio gomme, che sarebbero state effettuate “per sé o per i familiari”, mettendo sotto la lente un sistema di privilegi e favoritismi.
Al centro delle indagini c’è il cosiddetto “stanzone”, un ufficio della procura di Pavia dove si coordinavano tutte le operazioni di ascolto e intercettazione, affidate a Mazza e a una squadra di carabinieri ritenuti di stretta fiducia di Venditti. Tra il 2018 e il 2021, periodo in cui Venditti è stato facente funzioni di capo della procura, si sarebbe consolidato un meccanismo di potere interno, definito da alcuni testimoni come un sistema in cui “chi era nelle grazie veniva esaltato, altrimenti affossato”, come ha dichiarato Giampiero Ezzis, militare del nucleo informativo sentito come testimone.
Il legame con il delitto di Garlasco emerge soprattutto per la presenza, all’interno di questa squadra, di ex carabinieri coinvolti direttamente nelle indagini sul caso, tra cui l’ex maresciallo Giuseppe Spoto. Spoto ha riferito di pressioni da parte di Venditti affinché le intercettazioni venissero trascritte in tempi rapidissimi, con l’obiettivo di archiviare al più presto il fascicolo, alimentando sospetti su una gestione superficiale e potenzialmente manipolata delle prove.
Secondo quanto riferito dal quotidiano La Repubblica, la “squadra” vicino a Venditti sarebbe composta da figure chiave come l’ex maresciallo Antonio Scoppetta, condannato per corruzione e noto per uno stile di vita agiato e un debole per il gioco d’azzardo, e il luogotenente Silvio Sapone, che avrebbe avuto un ruolo centrale nel depistaggio delle intercettazioni relative ad Andrea Sempio nel caso Garlasco. Entrambi erano considerati i “boss” dell’ufficio con un rapporto privilegiato con Venditti, esercitando un’influenza significativa sulle indagini.

Altri membri della cerchia includevano l’ex maggiore Maurizio Pappalardo, che pur non avendo titolo ufficiale accedeva quotidianamente ai fascicoli e partecipava a riunioni con Venditti, e Cristiano D’Arena, titolare di Esitel e CrService, aziende coinvolte nel fornitura di servizi di ascolto e nel noleggio delle auto investigative. D’Arena e il fratello erano proprietari anche di un ristorante frequentato dalla squadra per pranzi di lavoro, un ulteriore segnale dell’intreccio “anomalo” tra interessi privati e attività giudiziarie.
Durante l’audizione del 26 settembre, l’ex carabiniere Spoto ha svelato dettagli importanti riguardo alle intercettazioni sulla famiglia Sempio, particolarmente rilevanti nel contesto del caso Garlasco. Ha spiegato che l’intercettazione cruciale, relativa a un confronto tra padre e figlio dopo un interrogatorio, venne trascritta in fretta per ordine di Venditti, lasciando spazio a possibili imprecisioni o omissioni. In quella conversazione, il riferimento a “pagare quei signori” sarebbe da interpretare come il pagamento dei legali, ma la rapidità e la pressione esercitata sulla trascrizione lasciano dubbi sulla correttezza delle procedure.
Spoto ha anche confermato che l’installazione delle microspie sull’auto di Sempio avvenne materialmente il giorno stesso della notifica dell’invito a comparire, l’8 febbraio 2017, ma gli atti degli inquirenti indicano che le intercettazioni sarebbero iniziate solo nelle prime ore della notte precedente. Tale discrepanza potrebbe essere significativa nel valutare la regolarità delle attività di indagine.
Domenico Aiello, legale di Mario Venditti, ha definito “surreale” e “blasfema” l’equazione che lega la figura del pm corrotto all’innocenza di un presunto assassino, sottolineando come il suo assistito abbia visto “distrutto un patrimonio di onestà costruito giorno dopo giorno con il suo lavoro”. Aiello ha inoltre richiesto che l’indagine sul caso Sempio venga trasferita dalla procura di Pavia a quella di Brescia, motivando questa scelta con la necessità che le indagini correlate seguano una linea unitaria e siano condotte da un’autorità giudiziaria competente e indipendente rispetto agli sviluppi pavese.