Quasi quattro anni dopo la tragica morte di Luca Piscopo, il quindicenne deceduto a causa di un’intossicazione alimentare dopo aver consumato sushi in un ristorante del Vomero, arriva una sentenza che continua a suscitare forti reazioni nell’opinione pubblica e nella famiglia del giovane.
Il tribunale di Napoli ha infatti condannato il titolare del ristorante a due anni e sei mesi di reclusione, mentre ha assolto il medico che aveva in cura Luca durante i giorni cruciali della sua malattia.
La vicenda e la sentenza del tribunale di Napoli
L’episodio risale al dicembre 2021, quando Luca Piscopo, dopo aver mangiato sushi insieme ad alcuni amici, manifestò i primi sintomi di un’intossicazione alimentare. La Procura di Napoli aveva ipotizzato che il ragazzo avesse contratto una salmonellosi da quel pasto, un’infezione che avrebbe poi causato una miocardite fatale. La Pm Federica Amodio aveva chiesto per il ristoratore una pena di tre anni, mentre per il medico che seguì il ragazzo una condanna a un anno e otto mesi, sostenendo che un intervento tempestivo avrebbe potuto salvare la vita del giovane.
Il giudice, tuttavia, ha ritenuto che la responsabilità diretta del medico nel decesso non fosse provata, assolvendo così quest’ultimo. La condanna per il ristoratore, invece, riconosce la sua colpa nell’aver servito un alimento contaminato che ha innescato la catena di eventi letali. In aula, la sentenza è stata accolta con profonda amarezza e rabbia da parte di genitori e amici di Luca.
Maria Rosaria Borrelli, madre della vittima, ha espresso pubblicamente il proprio disappunto soprattutto per l’assoluzione del medico: «Il ristoratore è stato un bandito senza scrupoli – ha dichiarato – ma ciò che più mi ha ferito è che il medico non abbia mai chiamato per chiedere come stesse mio figlio, che in soli dieci giorni aveva perso più di dieci chili». La mancanza di assistenza e di comunicazione da parte del medico è stata percepita come un ulteriore torto, aggravando il senso di ingiustizia.

Anche Imma Varriale, una delle amiche che era con Luca quella sera, ha manifestato la sua frustrazione: «Abbiamo atteso quattro anni per vedere riconosciuta la giustizia, ma così non è stato. La vita di Luca non può essere ridotta a due anni e sei mesi di pena. L’assoluzione del medico, che non ha saputo svolgere il suo compito, è un fallimento della giustizia italiana. Siamo sconvolti».
Questo caso ha riportato alla ribalta l’importanza della sicurezza alimentare, soprattutto nei ristoranti che propongono piatti crudi come il sushi, che richiedono standard igienici rigorosi per evitare contaminazioni pericolose. La salmonellosi, in particolare, è una delle infezioni più comuni legate al consumo di cibi contaminati e può causare gravi complicazioni se non trattata tempestivamente.
Dal punto di vista medico-legale, la sentenza ha evidenziato la complessità nel determinare le responsabilità in casi di intossicazioni che sfociano in condizioni critiche come la miocardite. Mentre la colpa del ristoratore è stata riconosciuta nel fornire un alimento contaminato, il ruolo del medico è stato giudicato senza prove sufficienti per stabilire un nesso causale diretto con il decesso.
