L’assegno di inclusione è il perno del nuovo sistema di sostegno alle famiglie in difficoltà economica. Nasce per accompagnare i nuclei più fragili in un percorso di reinserimento sociale e lavorativo, attraverso progetti personalizzati, formazione e servizi sul territorio. È una misura che intreccia welfare e responsabilità, puntando a ridurre le disuguaglianze e a ricucire le fratture sociali più profonde.
Col tempo, però, è emerso un nodo critico. Un aspetto preciso ha generato frustrazione tra molti beneficiari, alimentando discussioni, aspettative disattese e un malcontento che, silenziosamente, ha attraversato migliaia di famiglie. Un dettaglio tutt’altro che secondario. Ora, all’orizzonte del 2026, si profila una svolta.
Un cambiamento atteso da tempo, di quelli che non fanno rumore ma possono spostare gli equilibri. Se confermato, potrebbe segnare un prima e un dopo nella storia dell’assegno di inclusione. E fare davvero la differenza.
Assegno di Inclusione: come potrebbe cambiare nel 2026 con una novità che i beneficiari attendevano da tempo
L’assegno di inclusione ha portato con sé una promessa chiara: garantire continuità di sostegno alle famiglie più fragili, senza lasciare vuoti nei momenti più delicati. Nella pratica, però, il meccanismo ha mostrato crepe evidenti, soprattutto legate al mese di pausa tra un ciclo e l’altro, eredità del vecchio reddito di cittadinanza.

Nel 2025 questo stop è stato parzialmente compensato da un bonus fino a 500 euro, riconosciuto in misura piena solo a chi percepiva importi pari o superiori, mentre per gli altri si è trattato di una semplice conferma della mensilità ordinaria. Una toppa, più che una soluzione, che non ha mai convinto del tutto.
Ora, l’orientamento del governo sembra cambiare rotta. Con la legge di Bilancio, il mese di stop verrebbe cancellato e l’assegno diventerebbe, nei fatti, una prestazione continuativa lungo tutti i dodici mesi dell’anno. Un passaggio non formale, ma sostanziale, perché inciderebbe direttamente sulla stabilità economica delle famiglie coinvolte.
L’assegno, ricordiamo, prevede un primo ciclo di 18 mesi e successivi rinnovi annuali, finora sempre intervallati da uno spazio tecnico dedicato alla ripresentazione della domanda.
Dal 2026, invece, il sistema dovrebbe funzionare in modo diverso. La fase di rinnovo resterà necessaria, ma non sarà più un buco nel calendario. La ricarica del mese successivo alla scadenza del ciclo arriverà con un leggero slittamento temporale, trasformando il vecchio stop in una semplice attesa di qualche settimana, non più in un’interruzione secca.
Un dettaglio burocratico solo in apparenza, che potrebbe diventare uno dei cambiamenti più significativi per migliaia di nuclei e segnare una maturazione definitiva della misura.
