The Legend of Zelda: Echoes of Wisdom è un gioiello che, ancora una volta, mette al centro del villaggio un titolo della saga di Zelda.
Parlarvi di The Legend of Zelda: Echoes of Wisdom, nuovo titolo della saga di Zelda con, però, protagonista questa volta la stessa principessa e non “il solito” guerriero del tempo Link, è facilissimo. L’esclusiva di Nintendo, forse l’ultima grande esclusiva per Nintendo Switch, è infatti un vero e proprio gioiello di game-design, una sorta di “giocattolo” digitale che, prendendo a piene mani da Link’s Awakening, qui la mia recensione, allarga questa formula, consegnandoci un episodio nuovo di pacca con tantissime meccaniche scintillanti e innovative, “fin” troppe verrebbe da dire per un videogioco che trova la sua raison d’être nell’essere piccino, rifinito in ogni sua parte ma, giustappunto, contenuto.
Ho esplorato in lungo e in largo questa versione di Hyrule, innamorandomi ad ogni passo. Per questo motivo considero questo Echoes of Wisdom meritevole di un 9 pieno, che può diventare, facilmente un definitivo 9.1 proprio perché la formula generale funziona, e funziona pure bene unendo un gameplay intuitivo e “semplice” a una buona possibilità di essere creativi e versatili, pur ricordandoci sempre di come si stia giocando, alla fine, uno spin-off delle serie principale. La grande differenza, come ricordato all’inizio di questa recensione, è che a questo giro interpreteremo Zelda. Quindi non saremo uno spadaccino ma una maga, anzi per meglio dire un’evocatrice che, giustappunto, sarà in grado di richiamare a sé per aiutarla nel combattimento tutta una serie di creature e oggetti che andremo a incontrare lungo il viaggio. Attraverso un sistema di gioco non troppo complesso, che però nelle battute finali si rivelerà un po’ macchinoso per il grande elenco degli stessi, potremo sfruttare questi alleati sia in combattimento sia per spostarci o per raggiungere determinati punti della mappa di gioco che, magari, di primo acchito non potremmo raggiungere.
Il loop di gameplay funziona meravigliosamente bene e il ritorno dei dungeon classici, lasciati a riposo in Breath of the Wild e Tears of the Kingdom, a mio avviso è un grande valore aggiunto. Non soltanto in questi dungeon (sia “minori” che “maggiori”) si toccano vere e proprie vette di level-desing, in particolar modo nelle sezioni 2d, ma anche perché il sapore di “Zelda old-school” non ouò che essere gradito. Il traversing del mondo di gioco, grazie a una dislocazione ottimale dei punti di teletrasporto è eccellente e in tal senso la possibilità di spostarsi a cavallo è, come dire, un di più di cui, francamente, se ne sente poco il bisogno e che si finirà ad usare poche volte. Ecco, forse il vero e proprio punto meno convincente di Echoes of Wisdom è proprio questo: ci sono tante possibilità date in mano al giocatore che però non si rivelano tutte utili uguali. Al di là di certi “impallinati” che sul web sicuramente tireranno fuori soluzioni creative, determinati ostacoli si possono superare con giusto un paio di soluzioni e quindi il senso di libertà di approccio totale dei due main-title precedenti un po’ si perde. Tuttavia, mi viene anche da dire, va benissimo così. Se il giocatore trova la sua ideale routine di gioco e questa funziona è sempre un bene. E Echoes of Wisdom funziona benissimo, anche nel sistema di quest secondarie che nella loro semplicità non appesantiscono mai il gioco. Tutti gli npc da raggiungere o salvare, o comunque le cose da fare, hanno sempre una distanza “giusta”, non saranno mai dislocate dalla parte opposta della mappa solo per il gusto di fartela attraversare tutta e farti dire “che grande che è”: in questo caso, il troppo stroppia.
L’esperienza, in realtà, ha un’unica vera pecca che però non è “responsabilità” del gioco, bensì del supporto. Infatti, ancora una volta, Nintendo Switch mostra il fianco a cali di frame-rate che, diciamo così, denunciano tutta la sua età. Se in portabilità questo cali si avvertono meno, utilizzando la dock-station vi sono momenti un po’ fastidiosi. Soprattutto perché Echoes of Wisdom a livello artistico è meraviglioso; ci sono scene memorabili e adorabili per la loro dolcezza, le ost di gioco sono deliziose e il character design dei singoli personaggi, tratteggiati con questo stile chibi molto originario e proprietario, funziona sempre alla stra-grande. Stiamo, lo avrete capito, parlando di un gioco che è da 9, palesemente da 9, a mio avviso, che poteva forse ambire di più nonostante la sua natura da b-side project. Ma in tempo di grandi ambizioni che terminano per gonfiare i titoli a dismisura rendendoli però insapori e con poca “ciccia”, questo nuovo Zelda è un piatto gourmet dal sapore casalingo. Vi sentirete a casa, come la prima volta. Ah, un’ultima cosa: questa Zelda mi è piaciuta molta, dolce e risoluta, che non si perde mai d’animo, anche in momenti veramente difficili e che si affida alla proprie caratteristiche per salvare il mondo, contro tutto e contro tutti, una vendetta magica e elegante che non ci dimenticheremo facilmente. Una bellissima versione della principessa che, anche in questa versione chibi, è stata dotato di un’espressività adorabile.