La Cassazione ha chiamato in causa la Corte dell’Unione Europea su due quesiti: i dubbi per i centri per migranti in Albania.
Negli ultimi giorni, la questione dei centri per migranti in Albania ha suscitato un acceso dibattito in Italia, culminato con la decisione della Corte di Cassazione di interpellare la Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
Questo passo significativo è nato da un’analisi approfondita delle implicazioni legali legate ai trasferimenti e ai trattenimenti di migranti in territori al di fuori dell’Italia, in particolare in Albania. La Cassazione ha messo in discussione la compatibilità di tali pratiche con le normative europee, in particolare con la Direttiva 2008/115/CE, nota come Direttiva Rimpatri, e la Direttiva 2013/32/UE, riguardante le procedure di asilo.
Centri per migranti in Albania: i dubbi della Cassazione
La vicenda è iniziata a seguito di ricorsi presentati dal Ministero dell’Interno contro due decisioni della Corte d’Appello di Roma, che avevano negato la convalida del trattenimento di un migrante irregolare e di un richiedente asilo, entrambi trasferiti in Albania. La Corte ha pertanto sollevato due questioni pregiudiziali, chiedendo chiarimenti sulla legittimità di tali trasferimenti alla luce del diritto europeo. I giudici italiani si sono trovati in una situazione complessa, poiché la legge 14/2024, che ratifica il protocollo tra Italia e Albania sui trasferimenti dei migranti, sembra contrastare con le norme europee, creando un potenziale conflitto giuridico.
La prima questione riguardava il trasferimento di migranti in situazione di irregolarità amministrativa. Qui, la Cassazione ha espresso dubbi sulla compatibilità del trasferimento dall’Italia all’Albania con la normativa europea che regola il rimpatrio forzato. L’articolo 3 della Direttiva 2008/115/CE stabilisce che gli Stati membri devono garantire che i rimpatri siano effettuati nel rispetto dei diritti fondamentali delle persone interessate. Pertanto, la Cassazione ha chiesto alla Corte di Giustizia dell’UE di chiarire se il protocollo con l’Albania possa violare tali diritti e le disposizioni europee.
Nella seconda questione, la Cassazione ha sollevato interrogativi sulla legittimità del trattenimento di richiedenti asilo in centri albanesi, in particolare se tale pratica sia in contrasto con la Direttiva 2013/32/UE, che stabilisce le procedure comuni per il riconoscimento e la revoca dello status di protezione internazionale. Questo pone interrogativi significativi sull’effettivo rispetto delle norme europee da parte dell’Italia, in un contesto in cui si cerca di garantire una protezione adeguata ai migranti e ai richiedenti asilo.
Il nuovo pronunciamento della Cassazione è stato accolto con entusiasmo da diverse forze politiche dell’opposizione, che vedono in questa mossa una valida opportunità per riconsiderare l’intera strategia del governo italiano in materia di immigrazione. Angelo Bonelli, deputato di Europa Verde, ha evidenziato come l’accordo con Tirana violi i diritti fondamentali delle persone e rappresenti uno spreco di denaro pubblico, sottolineando che i centri albanesi non sono solo un fallimento politico del governo Meloni, ma anche una palese violazione delle normative europee.
Anche Riccardo Magi, segretario di Più Europa, ha criticato l’approccio del governo, definendo i centri per migranti in Albania come un errore giuridico e politico. Secondo Magi, i contribuenti italiani hanno investito quasi un miliardo di euro in una soluzione che ha dimostrato di essere inefficace, ospitando pochissimi migranti. La sua analisi si concentra sulla mancanza di rispetto degli standard umanitari e sui rischi legati alla creazione di strutture di detenzione all’estero, che non garantiscono la protezione adeguata per i migranti.
Dall’altra parte, il governo italiano, rappresentato dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, ha difeso fermamente l’iniziativa, rivendicando il ruolo di leadership dell’Italia nella discussione europea sugli hub regionali per i rimpatri. Piantedosi ha sottolineato l’importanza di avviare una discussione sull’immigrazione e sul rimpatrio a livello europeo, affermando che ora non esiste più un pregiudizio assoluto riguardo a queste misure. Tuttavia, le posizioni divergenti tra governo e opposizione sollevano interrogativi sulla coerenza delle politiche migratorie italiane e sul loro allineamento con le normative europee.
Mentre la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si prepara a esaminare le questioni sollevate dalla Cassazione, la situazione rimane tesa e complessa. Il “giudizio” è attualmente sospeso in attesa di un pronunciamento che potrebbe avere conseguenze significative non solo per l’Italia e l’Albania, ma per l’intera architettura delle politiche migratorie europee. Le implicazioni di questa situazione potrebbero estendersi ben oltre le singole decisioni giuridiche, influenzando il futuro delle politiche di asilo e di gestione dei migranti in tutta l’Unione Europea.