La Corte di Cassazione ha confermato la sanzione disciplinare nei confronti di una docente che aveva rivolto a un suo alunno l’appellativo di “cretino”, giudicando tale comportamento ingiurioso e umiliante, privo di qualsiasi finalità educativa o correttiva.
La vicenda giudiziaria e le argomentazioni della docente
La controversia è stata esaminata con l’ordinanza n. 17064/2025 della Suprema Corte. La docente contestata aveva impugnato la decisione di primo grado e della Corte d’appello, sostenendo che la sanzione disciplinare fosse stata confermata sulla base di una valutazione errata. In particolare, la docente lamentava che il giudice di primo grado avesse attribuito al suo comportamento non solo l’uso dell’epiteto “cretino” rivolto all’alunno, ma anche insulti più gravi come “maiali” o “animali” rivolti all’intera classe, definizioni che invece non risultavano nei fatti accertati.
La Corte d’appello, pur riconoscendo l’errore nella ricostruzione degli insulti, aveva comunque ritenuto proporzionata la sanzione disciplinare per l’uso del termine “cretino”. In un passaggio della sentenza, si era anche fatto riferimento alla possibilità di una sanzione più lieve, come l’avvertimento scritto, qualora fosse stata accertata solo la singola espressione. La Suprema Corte ha respinto il ricorso della docente, confermando la sanzione della censura prevista dal codice disciplinare per la violazione dei doveri connessi alla funzione docente. La Cassazione ha sottolineato come la sanzione sia risultata pienamente giustificata e proporzionata rispetto all’addebito.

Nel dettaglio, i giudici hanno evidenziato come il comportamento della docente fosse stato chiaramente ingiurioso e umiliante nei confronti dell’alunno. È stata rimarcata l’assenza di qualsiasi intento educativo o finalità correttiva nel rivolgere un’offesa di questo tipo, che ha un impatto mortificante sulla dignità dello studente. La modalità utilizzata è stata quindi giudicata inadeguata e non conforme ai doveri professionali che caratterizzano il ruolo dell’insegnante.
La Cassazione ha così ribadito l’importanza di mantenere un rapporto rispettoso e corretto tra docenti e alunni, in linea con i principi che regolano la funzione educativa. L’uso di termini offensivi, anche se isolati, è inaccettabile e può giustificare misure disciplinari per salvaguardare l’ambiente scolastico e la serenità degli studenti. Questa sentenza rappresenta un importante richiamo per il mondo della scuola, sottolineando come il rispetto reciproco sia un presupposto imprescindibile per l’attività didattica e la formazione degli studenti, condannando ogni forma di linguaggio che possa ledere la dignità personale.