L’uso dell’intelligenza artificiale nel contesto universitario italiano si conferma un fenomeno consolidato e trasversale, coinvolgendo una larga maggioranza degli studenti.
Secondo una recente indagine condotta dal Centro studi CETU, l’83% degli studenti ha già impiegato almeno una volta strumenti basati su intelligenza artificiale generativa per la redazione di testi accademici, mentre il 49% li utilizza con una certa regolarità. Solo una minima parte, circa il 7%, dichiara di non aver mai fatto ricorso a queste tecnologie, con un ulteriore 3% che sta valutando un loro eventuale impiego.
Un’adozione rapida e trasversale alle discipline
Ciò che sorprende maggiormente non è solo la diffusione, ma la rapidità con cui queste tecnologie si sono integrate nella routine degli studenti universitari, spesso in assenza di regolamentazioni ufficiali o dibattiti istituzionali. L’introduzione dell’IA nelle attività accademiche è avvenuta quasi in modo spontaneo, senza un confronto pubblico strutturato, riflettendo una trasformazione culturale e metodologica profonda. Gli studenti più avanzati, come quelli iscritti ai corsi di dottorato, risultano i più attivi nell’adozione dell’IA, con una percentuale dell’87%.
Seguono i laureandi magistrali (84%) e triennali (83%), un dato che sfata l’idea diffusa secondo cui tali strumenti siano utilizzati principalmente da chi ha meno familiarità con la ricerca o la scrittura accademica. L’impiego dell’IA varia sensibilmente in base all’area disciplinare. Gli studenti di Economia e Giurisprudenza sono tra i più propensi all’utilizzo (85%), mentre nelle facoltà umanistiche la quota scende leggermente, attestandosi al 79%. Dal database CETU emerge che i testi maggiormente prodotti con il supporto dell’IA provengono dalle aree di Biologia, Giurisprudenza e Psicologia.
Le lauree magistrali in Psicologia, Scienze Motorie e Biotecnologie mostrano i livelli più elevati di utilizzo, con modalità che sembrano adattarsi alla complessità dei carichi didattici e alla natura dei materiali richiesti. Questi dati suggeriscono che l’intelligenza artificiale venga percepita come uno strumento prezioso per gestire la mole di lavoro e per orientarsi nei contenuti.

Il 65% degli studenti intervistati riconosce all’IA un ruolo di supporto concreto nella comprensione dei contenuti accademici, mentre solo il 9% afferma di aver ottenuto un beneficio inverso. Un 17% valuta neutro l’impatto di queste tecnologie sul proprio apprendimento. Tra gli studenti di Medicina, questa percezione positiva è ancora più marcata: l’81% associa l’IA a un miglioramento nell’approccio agli argomenti del proprio corso di studi. Tuttavia, emergono anche aspetti problematici. Il 47% degli studenti segnala imprecisioni nei contenuti generati dall’IA, e un 43% li ritiene troppo generici o vaghi.
Un problema particolarmente grave riguarda le fonti bibliografiche: il 25% degli intervistati ha riscontrato citazioni inesistenti, un elemento che mina la validità scientifica dei lavori prodotti e solleva interrogativi sull’affidabilità delle informazioni elaborate. Nonostante l’ampio utilizzo, permane un clima di diffidenza e preoccupazione tra gli studenti. Il 69% teme che l’impiego di strumenti di intelligenza artificiale possa essere scoperto dalle istituzioni universitarie, mentre il 28% dichiara di vivere questa circostanza con un certo grado di ansia. Solo poco più di un quarto degli studenti non percepisce alcuna pressione in merito.
Questi dati evidenziano come l’integrazione dell’IA nei processi formativi stia avvenendo in un contesto di incertezza normativa e culturale, senza un chiaro orientamento da parte delle università. La mancanza di linee guida ufficiali lascia spazio a dubbi etici e metodologici, ma al contempo testimonia una trasformazione irreversibile nella modalità di apprendimento e produzione accademica.