Society

Perché ci sono sempre più casi di revenge porn?

In questi giorni, oltre ai dati della pandemia che ci tengono con l’acqua alla gola, sentiamo parlare sempre più spesso di revenge porn. Il caso della maestra di Torino è solo uno dei tanti episodi che si verificano giorno dopo giorno.

Cos’è il revenge porn?

Il revenge porn è la condivisione pubblica di immagini o video intimi tramite internet, senza il consenso dei protagonisti degli stessi. L’Italia è uno dei pochi paesi in cui esiste una legislazione a riguardo: la legge che condanna l’atto è entrata in vigore il 9 agosto 2019 con il titolo di “Codice rosso”.

“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video di organi sessuali o a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e la multa da 5.000 a 15.000 euro”.

Solo al terzo comma della legge si parla del caso più comune di revenge porn: gli ex che, per vendicarsi di una relazione terminata, divulgano materiale ricevuto dalla propria compagna, magari consensualmente, in rete o agli amici. In questa circostanza la pena è aumentata.

Condividere materiale privato è tutt’altro che divertente

Perché un uomo agisce in questo modo? Per mostrarsi virile? Per goliardia? Per vendetta? Mettiamo che io e il mio fidanzato vogliamo eccitarci inviandoci reciprocamente foto o video in cui ci mostriamo nudi, perché devo avere il timore che questi vengano divulgati? Condividere materiale intimo della persona che si pensava di amare, non è goliardia, non è divertimento, ma è pura cattiveria.

Il problema di fondo è che la vittima in questione, non solo deve combattere con i suoi demoni interiori, ma viene sottoposta a uno slut shaming. Viene allontanata da tutti e, come se non bastasse, in circostanze più gravi, c’è la possibilità che la vittima possa perdere il lavoro, come è successo alla maestra di Torino. Nella maggior parte dei casi, gli uomini, ma anche donne, per estraniarsi dal fatto compiuto, colpevolizzano la vittima per il reato subito. Se una donna oggi vuole esprimersi usando la propria sessualità viene condannata, mentre chi ha condiviso il video no.

Quando si usano bene i social media

In questa storia, fortunatamente, non c’è solo del marcio. I social media sono stati di fondamentale importanza per sensibilizzare la questione e in molti hanno mostrato solidarietà alla maestra di Torino. Per l’occasione è stato lanciato un hashtag #iostoconlamaestra e in molti hanno aderito. Geppi Cucciari, ad esempio, ha recitato un monologo in cui mostra la propria vicinanza alla donna. Stessa cosa hanno fatto l’ex calciatore Claudio Marchisio e anche la columnist Carlotta Vagnoli, la quale ha girato un video in cui spiega per bene (vi consigliamo di vederlo) cos’è il revenge porn.

I dati

A un anno dalla legge che ha introdotto modifiche rilevanti sulla violenza domestica e di genere, i numeri sono, ancora, da capogiro. Ci sono stati anche casi di revenge porn al maschile, ma sono solo il 10% mentre il restante 90% è formato da donne. Alcuni dati della Direzione centrale della Polizia criminale hanno affermato che dopo il primo lockdown c’è stato un picco di diffusione di materiale privato. Sono due gli episodi al giorno di revenge porn, due video ogni 24 ore e, il più delle volte, le protagoniste, sono minorenni. L’aumento delle denunce è subentrato nel momento in cui sempre più donne denunciano la vicenda, ma c’è da sottolineare che sono sempre di più gli atti di violenza.

Secondo un campione raccolto da End Revenge Porn: a campaign of the cyber civil rights initiative, su un campione di 1600 donne, il 61% dichiara di essersi scattata delle fotografie intime e di averle condivise con qualcuno, tra queste il 23% ha dichiarato di essere stata vittima di revenge porn. Il 68% di queste sono ragazze che hanno un’età che varia dai 18 ai 30 anni e il 27% dai 18 ai 22.

E in Italia?

Durante il primo lockdown sono aumentate di molto le violenze domestiche. Solo in Italia sono 718 i casi di diffusione illecita di immagini e video privati e tra questi l‘81% delle vittime è composto da donne. In termini regionali invece, al primo posto abbiamo la Lombardia, seguono poi la Sicilia, la Campania e infine l’Emilia Romagna.

Le conseguenze psicologiche

Una delle conseguenze di essere vittima di revenge porn è cadere in un burrone emotivo. La vergogna, la paura, la rabbia verso sé stessi sono tra le principali conseguenze psicologiche che una donna può provare. Secondo alcuni dati, il 93% delle donne, che è stata vittima di revenge porn, ha vissuto un forte stress a livello emotivo e psicologico. L’82% ha sofferto danni in termini sociali e occupazionali e il 51% ha pensato al suicidio. In merito a quest’ultimo non può passare inosservata la vicenda di Tiziana Cantone, la quale non solo è stata vittima di revenge porn, ma ha dovuto cambiare regione e, nonostante tutto, non è riuscita a trovare lavoro. In pochi le sono stati vicino, in pochi l’hanno ascoltata e nessuno l’ha aiutata. Tiziana Cantone non ce l’ha fatta e così ha scelto la peggiore delle ipotesi: il suicidio.

Può capitare a tutte di essere vittime di revenge porn, tutte possiamo essere Tiziana Cantone o la maestra di Torino. A quanto pare oggi una donna può esprimere la propria sessualità solo in base al proprio stato occupazionale e alla propria “fama”. Ed è proprio questo il punto: la nostra società continua a vedere il corpo della donna come un elemento di possesso, perché è di questo che si sta parlando. Le azioni dell’ex fidanzato della maestra di Torino sono la dimostrazione che la nostra è una società patriarcale che fa finta di valorizzare il sesso femminile, e questo non va bene.

 

Lucrezia Costantino

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