Tra i sentieri delle colline toscane, nell’intimità della sua tenuta a un’ora da Firenze, Luciano Spalletti si lascia alle spalle il frastuono del calcio professionistico per ritrovare se stesso. Il suo racconto è quello di un uomo che ha vissuto il vertice del calcio italiano e internazionale, ma che oggi si confronta con il prezzo personale pagato per quella carriera.
La vita rurale di Luciano Spalletti: un rifugio dalla pressione del calcio
Mentre il Defender del 1981 arranca sul terreno sterrato, Spalletti chiama con dolcezza il suo cane Diana, che lo segue con fiducia. In questo angolo di natura, tra un lago popolato da cigni, le vacche Highlander e la cavalla Astra, l’ex commissario tecnico della Nazionale Italiana si dedica a una vita scandita dal lavoro manuale e dal tempo lento. Un contesto quasi idilliaco, lontano dagli stadi e dai riflettori, dove la fatica è un valore da riscoprire e la natura un conforto quotidiano.
Luciano Spalletti e il calcio: un rapporto di amore e dolore
Durante una cena familiare, con la madre Ilva, novantaduenne, Spalletti si lascia andare a un’ammissione sincera e toccante: «Il calcio mi ha rovinato la vita. Ho voluto più bene al calcio che a me stesso, sacrificando le persone più care». Parole che riflettono il peso emotivo di una carriera intensa, segnata da trionfi e delusioni, tra cui l’addio alla Nazionale dopo la crisi legata alla sconfitta con la Norvegia e la mancata qualificazione ai Mondiali.
L’ex allenatore parla senza filtri del suo ruolo da commissario tecnico, evidenziando come la scelta di accettare quell’incarico sia stata dettata da un senso di dovere più che da ragioni razionali: «Quando la Nazionale chiama, devi gonfiare il petto e metterti a disposizione». Ma ammette anche di aver forse esagerato nel chiedere ai giocatori un forte senso di appartenenza e orgoglio, elementi che non sempre sono stati recepiti come sperava.
Una carriera ricca di successi e riconoscimenti
Luciano Spalletti, nato a Certaldo nel 1959, ha costruito una delle carriere più solide e rispettate del calcio italiano. Dopo aver giocato come centrocampista fino al 1993, ha iniziato un percorso da allenatore che lo ha portato a guidare squadre storiche come Empoli, Roma, Udinese, Zenit San Pietroburgo, Inter e Napoli. Tra i suoi maggiori trionfi figurano due campionati russi con lo Zenit (2010 e 2011-2012), due Coppe Italia con la Roma e, più recentemente, uno Scudetto con il Napoli nella stagione 2022-2023.
Dal 2023 al 2025 Spalletti è stato commissario tecnico della nazionale italiana, guidandola agli Europei 2024. Nel 2024 è stato inserito nella Hall of Fame del calcio italiano, un riconoscimento al suo contributo al calcio nazionale.
Spalletti e il valore dell’amicizia: un pilastro nella sua vita
Nella sua tenuta, la “capanna dei ciuchi neri” è un luogo sacro dedicato alla memoria del fratello Marcello, scomparso nel 2019. Qui Spalletti continua a coltivare amicizie profonde, con incontri e cene che rappresentano un rituale di condivisione e ricordo. Tra gli amici più cari c’è Gigi Buffon, definito come «un grandissimo uomo, amico, dirigente e calciatore», con cui ha costruito un rapporto di fiducia e stima reciproca.
Per Spalletti, l’amicizia è fatta di mille piccoli gesti che danno senso alla vita, un antidoto alle difficoltà e alle pressioni del mondo del calcio.
Le sfide del presente e il rapporto con il calcio moderno
Nonostante il ritiro dalla gestione diretta delle squadre di vertice, Spalletti rimane una voce autorevole nel panorama calcistico. Riconosce i cambiamenti nel mondo del calcio, dove l’allenatore è diventato una figura centrale, un vero e proprio “influencer” dello spogliatoio, chiamato a guidare con empatia e intelligenza.
Spalletti affronta anche il tema della presunzione che il calcio genera, soprattutto tra i calciatori più giovani e benestanti, sottolineando la difficoltà di trasmettere valori come l’umiltà e la dedizione.
Una vita fuori dal campo: famiglia, politica e spiritualità
Oltre al calcio, Spalletti si definisce un uomo profondamente legato alla famiglia e ai propri ideali. Ha conosciuto la moglie Tamara a La Spezia, con cui ha condiviso un’attiva partecipazione politica negli anni giovanili. Pur dichiarandosi di sinistra, non esclude il confronto anche in ambienti ideologicamente ostili, sottolineando il valore del dialogo e del rispetto.
Nel suo tempo libero, trova conforto nella preghiera e in momenti di intimità spirituale che lo aiutano a mantenere equilibrio e serenità.
Il futuro e la quotidianità di Luciano Spalletti
Tra una scultura di ciocchi di legno da completare e l’assistenza alle Highlander affamate, Spalletti guarda al futuro con la determinazione di chi non si lascia mai sopraffare dalla stanchezza: «Non sono uno che si sveglia stanco. “Non ho tempo” è la religione degli sfigati».
Nonostante le difficoltà e le ferite ancora aperte, il tecnico toscano continua a vivere con passione e impegno, sempre fedele a se stesso e ai valori che l’hanno accompagnato lungo tutto il suo percorso.