Oggi compie 66 anni Pedro Almodóvar, il regista spagnolo che adoriamo, grazie ai suoi film colorati, dolci, melodrammatici, scandalosi e carnali, che partendo dall’underground iberico sono diventati famosi in tutto il mondo e hanno lanciato stelle del calibro di Penelope Cruz e Javier Bardem, tanto per fare due nomi.
Non tutti sanno che Almodóvar è stato anche un musicista: in questa intervista + playback lo vediamo insieme all’artista spagnolo Fabio McNamara. Direttamente dai glitterati anni 80, truccatissimi e parriccatissimi cantano un pezzo disco-tango-wave deviato e irresistibile. Una specie di Righeira, ben più perversi.
Tutto su mia madre (1999) è la sua pellicola più famosa e toccante. In una botta sola, Almodovar tocca i suoi temi preferiti: il sesso, la morte, l’omosessualità, la malattia, il teatro e la commedia, in un film perfetto proprio perché sbilanciato, eccessivo, con battute e colpi di scena che ti si attaccano al cuore. Nessuna parola sulla trama, ma vogliamo condividere il monologo di Agrado, il nostro personaggio preferito, che convincerebbe pure un leghista ad abbracciare la causa LGBT.
Parla con lei (2002) invece inizia con uno spettacolo teatrale di Pina Bausch, la leggendaria ballerina e coreografa tedesca scomparsa nel 2009, tra gli inventori del Tanztheatre (teatrodanza). Nello stesso film Caetano Veloso suona una versione di “Cucurrucucù Paloma” così bella da far accapponare la pelle anche in piena estate.
La sua iconografia è talmente personale e riconoscibile che da pochi particolari si capisce subito se un film è suo o meno, come accade solo con i grandi del cinema. Se i suoi film sono debordanti e sopra le righe in ogni modo possibile, le opere che si ispirano ai suoi lavori spesso lavorano sulla sottrazione, anziché sull’addizione. Guardate questo collage: un taglio di capelli, un vestito, un pattern ed è subito Donne sull’orlo di una crisi di nervi (1988).
Il suo ultimo film è Gli amanti passeggeri (2013), quello in cui tre steward gayssimi devono affrontare un atterraggio problematico e lo fanno drogando i passeggeri della turistica e intrattenendo quelli della business. Se non lo avete ancora visto, recuperatelo, è divertentissimo ma allo stesso tempo, come al solito, la sua storia tocca da vicino e nel profondo i personaggi raccontati.
Almodovar ha anche lanciato Antonio Banderas. Ben prima della gallina Rosita e ben prima di diventare la voce del Gatto con gli Stivali della DreamWorks, il bell’Antonio ha esordito al cinema proprio grazie al regista spagnolo in “Labirinto di passioni” (1982), per poi diventare una sorta di alter ego di Almodovar in “Matador” (1986) e in altri 3 film prima del successo internazionale (e dell’attività presso il Mulino Bianco) per poi tornare a lavorare con Almodóvar in “La pelle che abito” (2011).
“Non voglio imitare la vita nei film; voglio rappresentarla. Nella rappresentazione, usi i colori che ti senti di usare e qualche volta sono colori falsi. Ma è sempre per mostrare un’emozione.”
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