Il 27 marzo del 1975 usciva in tutta Italia il film Fantozzi, per la regia di Luciano Salce. È stato il capostipite della saga sul ragioniere più sfigato della nazione, tratta dai best seller di Paolo Villaggio Fantozzi e Il secondo tragico Fantozzi, scritti tra il 1971 e il 1974.
Per capire bene le vicende iperboliche, grottesche e tragicomiche del ragioniere piccolo borghese al massimo della sua assenza di gloria, dobbiamo capire i tempi, gli albori del boom economico in cui un impiegato, col duro lavoro poteva comprarsi casa, fare le vacanze al mare, fare carriera all’interno di un’azienda, crearsi una famiglia e puntare alla pensione. Un paradiso perduto.
La Megaditta nell’epica di Fantozzi ricopre il ruolo della religione, i cui santi laici sono i grandi capi e i superiori. La vita sociale, tolta quella con la famiglia, è spesa tutta nell’azienda: cene aziendali, viaggi aziendali, sport aziendali.
Fantozzi Rag. Ugo è l’ultimo degli ultimi e la prima volta che appare sullo schermo, interpretato magistralmente dal suo creatore Paolo Villaggio, è murato vivo nei vecchi gabinetti dell’azienda per 18 giorni senza che nessuno dei colleghi se ne accorga. Subisce sempre e non si ribella mai, parla sgrammaticato e non ha alcuna aspirazione. Ti viene voglia di prenderlo a sberle, come faresti con te stesso quando non reagisci alle avversità.
Fantozzi fa ridere amarissimo, perché si ride di lui, e al contempo si diventa cattivi. È il capro espiatorio di tutte le nostre frustrazioni quotidiane, del mobbing sul lavoro, della triste vita familiare e dei sogni mediocri, che comunque non riusciamo neanche ad avverare.
Pensate alla famiglia di Fantozzi, la moglie Pina e la figlia Mariangela, così brutte da diventare proverbiali e al suo sogno nascosto, quella signorina Silvani interpretata perfettamente da Anna Mazzamauro che non è certo Scarlett Johansson, eppure nella mente del rag. Ugo diventa bellissima ed angelicata nonostante nella realtà sia nettamente il contrario.
Anche i colleghi di Fantozzi sono caricaturali ma somigliano a quelli che si possono trovare negli uffici ancora oggi: dall’iperattivo Filini al fancazzista borioso Calboni, che bullizza Fantozzi in ogni modo ma riesce anche ad affascinarlo.
C’è tanto da imparare sul senso della vita, guardando Fantozzi a 43 anni dalla sua uscita. Se abbiamo un minimo sentore che le sue sfighe siano anche le nostre, occorre assolutamente cambiare strategia e attuare il piano B prima che sia troppo tardi.
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