TV e Cinema
di Mattia Nesto 21 Marzo 2022

Licorice Pizza: vorrei vivere in un film di (P.T.) Anderson

Un film bellissimo da vedere al cinema: questo è Licorice Pizza.

Una grande storia d’amore..strana  Una grande storia d’amore..strana

Licorice Pizza è uno di quei film che andrebbero visti solo al cinema. E non perché sia un film che Paul Thomas Anderson ha voluto rendere spettacolare a ogni costo: no, proprio la de-spettacolarizzazione di una storia d’amore “normale” a rendere speciale questo racconto. Un film, per altro, incentrato sulla recitazione, ottima e in alcuni punti veramente sublime di due attori praticamente esordienti: ovvero Cooper Hoffman e Alana Haim. Certo il cast è formato da mostri sacri quali Tom Waits e Sean Penn, giusto per citarne due e lasciare fuori Bradley Cooper (poverino!) ma il fatto di avere dato un ruolo tanto importante a due esordienti, nonostante due esordienti “già” famosi (Cooper Hoffman è il figlio del compianto Philip Seymour e Alana Haim è una delle componenti dell’omonimo trio.

Eppure, calati nella California degli anni Settanta, descritta con un tocco quasi favolistico da un P.T. Anderson in stato di grazia, non solo il film funziona ma funziona benissimo. E dire che tutta una storia che è, di fatto, una storia d’amore fatta di accelerazioni improvvise e brusche frenate, corse a perdifiato dal capo all’altro in città e gesti inconsulti poteva suonare stucchevole praticamente in mano a qualsiasi altro regista del mondo. Non a Anderson che non rinunciando a un grammo della fanciullesca gioia della prima storia d’amore importante, riesce a donare al film tutta la maturità e compostezza di una grande opera.

Freaks out no?  Freaks out no?

Guardare Licorice Pizza significa perciò fare un viaggio indietro nel tempo negli Stati Uniti degli anni Settanta, sospesi tra le rappresentazioni più libertarie, freak e allucinate della cultura hippie e le ansie della guerra nel Vietnam e la crisi petrolifera. Licorice Pizza è insomma una storia d’amore che vi resterà attaccati alla pelle senza però alcun tipo di stucchevolezza (allo stesso modo di altri racconti romantici al cinema recenti), con una colonna sonora fuori scala e alcuni piani-sequenza, mai fini a se stessi ma assolutamente diegetici migliori degli ultimi anni. Ecco perché al cinema fa tutto un altro effetto. Com’è che faceva la canzone: vorrei vivere in un film di (P.T.) Anderson, giusto?

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