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Perché dobbiamo tifare Non Essere Cattivo agli Oscar

Una scena di Non essere cattivo di Claudio Caligari

 

Sarà Non essere cattivo, il film postumo di Claudio Caligari, a rappresentare l’Italia agli Oscar.
E non Nanni Moretti (battuto per un voto) o Marco Bellocchio. Evviva.
Ora cerchiamo di spiegarvi perché dovete essere felici e tifare per questo film piccolo e lontanissimo da quelli che normalmente vengono presentati all’Academy per trovare un posto nella cinquina di nomination per il miglior film straniero.
Innanzitutto perché è la giusta rivincita per un autore troppo poco considerato. Quanti di voi conoscono Claudio Caligari? Chi di voi ha visto Amore Tossico e L’odore della notte? Ecco appunto.

 

Valerio Mastandrea e Claudio Caligari sul set di Non essere cattivo

 

Questi sono i titoli che hanno fatto di Claudio Caligari un autore di culto, scomparso poco dopo la chiusura del montaggio di Non essere Cattivo, nel maggio 2015. Dopo la sua morte, il film è stato seguito da Valerio Mastandrea, che per la prima volta figura anche come produttore di una pellicola e si è dedicato al progetto come fosse una sua creatura. Con lui gli attori, bravissimi, giovani, empatici e veri: Luca Marinelli, Alessandro Borghi, Roberta Mattei e Silvia D’Amico. Presentato fuori concorso alla 72esima Mostra Internazionale del Cinema di Venezia e accolto benissimo dalla critica, il film è uscito in sala l’8 settembre.

Una storia particolare, ma le peculiarità di questo film non finiscono qui. Non essere cattivo è uno di quei rari esempi italiani che ti fanno sperare. Che fanno sperare le giovani generazioni che forse ci sia ancora una possibilità di ritorno e di rinascita, chiamatela come volete, di voglia di riscoprire il bello. Di fermarsi a guardare, di riflettere su qualcosa, di commuoversi e di ridere.

 

 

Andare al cinema ti permette di spegnere il cervello per entrare dentro un’altra storia, che avrà sempre qualcosa di simile alla tua e Non essere cattivo è uno di quei film che si inserisce prepotentemente nella tua anima. Perché raccontando la storia di due ventenni degli anni ’90, persi in vite oltre il limite, parla di un’amicizia fraterna di quelle che a tanti farebbero sorgere la domanda: “ma perché gli/le stai ancora dietro? Perché non lo/la mandi a quel paese? È un egoista non vedi?”. Sì, è un egoista ma è come se fosse mio fratello, non posso proprio lasciarlo in mezzo a una strada.

Non essere cattivo
 è una storia di eccessi, di perdite e di perdizioni, di esagerazione e di debolezze che scava dentro una realtà provinciale che – mi ripeto – non va molto lontana dalla vostra, dalla mia. Vittorio e Cesare, questi i nomi dei protagonisti, sono “fratelli di vita”: vivono in simbiosi ma hanno anime diverse e sono entrambi alla ricerca di una affermazione. L’iniziazione all’esistenza per loro ha un costo altissimo e Vittorio col tempo inizia a desiderare una vita diversa: incontra Linda e per salvarsi prende le distanze da Cesare, che invece sprofonda inesorabilmente.

Il confronto è inevitabile. Negli anni ’90 come oggi è facile perdersi mentre si è alla ricerca di se stessi o per l’incapacità di superare un dolore troppo grande. “Preferisco non pensare. Preferisco non essere mai lucido per dimenticare quello che dovrei fare, dovrei essere”.

 

Una scena di Non essere cattivo di Claudio Caligari

 

Con Non essere cattivo, Caligari racconta un “copione già visto”, che si ripete di epoca in epoca e lo mette in scena esagerando e chiedendo ai suoi attori di esagerare, senza però mai andare in overacting, ovvero senza superare quel limite che in un attimo tutto risulta grottesco.

Una recitazione che sorprende, commuove ed esalta il cinema. Una regia che sa di passato, quello d’oro del cinema italiano che ha fatto la storia. Ecco perché tifiamo per Non essere cattivo, perché è la prova che il bello può esserci ancora, può partire da storie forti e vere come questa e può arrivare da strade produttive inaspettate e non convenzionali.

 

Una scena di Non essere cattivo di Claudio Caligari
Silvia Rossi

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