Un pugno di case di pietra che si specchiano nel fiume, ruote di mulini ancora in movimento e ponti antichi che collegano passato e presente. Borghetto sul Mincio è tutto questo, ma anche molto di più. Una frazione nascosta nel verde del comune di Valeggio sul Mincio, capace di attirare migliaia di visitatori senza perdere il suo silenzio. Il segreto sta nel ritmo lento, quello vero, che non segue orari. Camminare tra i suoi vicoli è come entrare in un quadro d’acqua e pietra, che cambia luce a ogni ora del giorno, tra riflessi, rumori leggeri e profumo di fiume.
Il ponte visconteo e i mulini: dove il tempo si ferma e l’acqua decide tutto
A dominare tutto c’è il Ponte Visconteo, una diga fortificata medievale costruita tra il 1393 e il 1395, lunga oltre 600 metri, voluta dal duca di Milano Gian Galeazzo Visconti per deviare il corso del Mincio. Doveva essere un’opera strategica, oggi è un monumento di rara bellezza. Attraversarlo significa affacciarsi su uno dei panorami più suggestivi del Veneto, con il borgo ai piedi e il fiume che scivola via senza rumore.

Nel cuore del paese batte ancora il suono dei mulini ad acqua, antichi, restaurati, vivi. Alcuni risalgono al Quattrocento e oggi ospitano ristoranti romantici, bed & breakfast o semplicemente silenzio. Le grandi ruote in legno girano ancora spinte dalla corrente, e c’è qualcosa di quasi ipnotico nel loro movimento lento, continuo, identico da secoli. È anche per questo che Borghetto è chiamato il borgo dei mulini, perché qui l’acqua lavora, cura e racconta.
Tra un ponte e l’altro, spunta il Ponte di Legno, detto anche Ponte San Marco, che collega le due rive nel punto più pittoresco del borgo. Da lì la vista è quella delle cartoline, con il Ponte Visconteo sullo sfondo, i mulini, i ristoranti a filo d’acqua. Accanto al ponte, la statua di San Giovanni Nepomuceno, protettore dei ponti e dei viandanti. Più avanti, sulla riva sinistra, la chiesa di San Marco Evangelista con la sua facciata neoclassica e il silenzio fresco di un luogo rimasto intatto. Pochi minuti bastano per capire che qui la bellezza non è messa in scena, è semplicemente reale.
Valeggio, il parco Sigurtà e quella leggenda che si mangia con burro e salvia
Appena fuori dal borgo, basta una salita per arrivare a Valeggio sul Mincio, il paese “madre”. Lì si alza imponente il Castello Scaligero, con le sue mura merlate e la torre che domina tutto il paesaggio. Lo si raggiunge a piedi, e da lassù si apre un panorama aperto su tutta la valle del Mincio, tra vigne, strade e cielo. Ma la vera meraviglia è poco più in là: il Parco Giardino Sigurtà, uno dei giardini più premiati d’Europa, 60 ettari di rose, tulipani, vialetti e laghetti sospesi nel verde. In primavera è un’esplosione, in estate una tregua dall’afa. Si gira a piedi, in bici, col trenino o con golf-cart elettrici. Ogni angolo ha un nome, ogni sentiero ha una sorpresa.
Poi c’è la parte che si mangia. E a Borghetto sul Mincio si mangia una storia. Il Nodo d’Amore, tortellino sottilissimo con ripieno di carne, ha un’origine leggendaria. Si racconta che Malco, capitano visconteo, si innamorò perdutamente della ninfa Silvia, spirito del fiume. Prima di fuggire insieme, i due annodarono un fazzoletto dorato come simbolo del loro legame. Le donne del borgo, commosse, iniziarono a tirare la sfoglia sottile come seta, per poi annodarla come quel fazzoletto. Così nacque il tortellino di Valeggio.
Ancora oggi si prepara in brodo o con burro e salvia, e ogni anno, a giugno, tutto questo si celebra con la Festa del Nodo d’Amore, una tavolata lunga oltre un chilometro apparecchiata sopra il Ponte Visconteo. Si mangia, si brinda, si ascolta il fiume. E ci si ricorda che certi luoghi esistono davvero, anche se sembrano scritti a penna in una leggenda.
