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di Mattia Nesto 31 Agosto 2016

No Man’s Sky, il videogioco dell’anno è un trattato di filosofia sul ruolo dell’uomo nell’universo

Molto più di un semplice videogame, No Man’s Sky è una riflessione sull’essere umano

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Quando lo scorso luglio Sean Murray, sviluppatore della serie di videogiochi Burnout, ha dato l’annuncio che, finalmente, No Man’s Sky era stato terminato e che di lì a poco sarebbe stato distribuito, in esclusiva per Sony – Playstation 4 (successivamente anche in versione PC), sul mercato americano e mondiale, molti sono balzati sulla sedie. Già perché raramente, nell’ormai non più recente storia dell’industria videoludica, un annuncio di un gioco aveva accumulato un’attesa così frustrata dai fatti: infatti ai più No Man’s Sky, il cui progetto era stato presentato due lontanissimi anni fa, pareva essere un gioco che non avremmo mai, realmente, visto. Ed invece gli sviluppatori di Hello Games, con in testa il barbuto Murray, hanno scosso l’estate dei giocatori, con l’uscita avvenuta il 10 agosto.

Ma che cos’è No Man’s Sky? Se si dovesse dare una definizione, senza scomodare né una terminologia da nerd incallito o da professore di filologia, si potrebbe dire che No Man’s Sky è un titolo di esplorazione interstellare, sviluppato secondo una rigida filosofia che sottomette tutte le altre componenti (la grafica, il gameplay, la possibilità di giocare in multiplayer) alla più pura esperienza di viaggio spaziale mai proposta su console. Con una visuale in prima persona che a molti ha ricordato i primi Halo, il giocatore interpreta il ruolo di un argonauta dello spazio che deve esplorare un universo vasto come non mai, utilizzando astronavi e veicoli di varia natura ed incontrando, lungo percorsi assolutamente liberi e non preimpostati,  un numero praticamente infinito di pianeti e mondi differenti.

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No Man’s Sky è un gioco online quindi che permette al giocatore di esplorare qualcosa come 18 miliardi di pianeti. Sì, avete capito bene, 18 miliardi di pianeti. Matteo Bordone, in un bel pezzo apparso su Internazionale di qualche tempo, ha calcolato che “se un giocatore molto meticoloso volesse visitarli tutti stando su ogni pianeta solo un secondo, ci metterebbe 584 miliardi di anni. Calcolando che tra cinque miliardi di anni il nostro Sole comincerà a diventare una gigante rossa, nella pratica almeno per i terrestri il numero è infinito”.

Ogni pianeta poi è caratterizzato e abitato da una particolare tipologia di flora e di fauna (risultato, in larga misura,  di una specie di miscela sui generis dei tratti somatici e delle tipologie animali terrestri), presenta condizioni ambientali e risorse energetiche/minerarie specifiche e una temperatura ed un’atmosfera differenti da mondo a mondo. Vi sono pianeti talmente freddi e gelati nei quali il giocatore, se sta fuori dalla propria astronave o non raggiunge il rifugio più vicino, rischia seriamente di morire assiderato, ma vi sono anche mondi così aridi e torridi che, non appena si alza una tempesta, si può prendere letteralmente fuoco in mezzo al deserto. E poi tutta una serie di incontri, sempre liberi, con inquietanti alieni che parlano lingue sconosciute ma che, nel prosieguo del gioco, si possono via via apprendere attraverso una lunga e meticolosa operazione di traduzione. Non ti piace quel pianeta? Prendi la tua astronave e, dopo una breve fase di decollo, davanti ai tuoi occhi ti si dipana lo spazio infinito (ed anche il tempo grazie al “modulo di curvatura“) e così hai infinite possibilità di viaggio.

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Raramente dicevamo un videogioco è stato in grado di “spostare l’asse del mondo”, alla stregua di quei miti antichi che raccontano della processione degli equinozi e dei cambiamenti epocali che ne sono conseguiti. Infatti il mondo di No Man’s Sky è quanto di meno casuale e non calcato vi possa essere. Sfruttando la pura matematica, le condizioni che un dato giocatore incontra su un dato pianeta (certe piante, certi animali, certi mari e certe montagne) saranno le stesse di tutti gli altri giocatori: se cinque giocatori provenienti da, ad esempio, Pakistan, Mongolia, Belgio, Sud Africa e Colombia, nell’arco dei prossimi 30 anni, sbarcheranno sullo stesso pianeta, troveranno le medesime condizioni. Altri titoli permettevano al giocatore di creare letterlamente un mondo (sto pensando ai cosiddetti giochi “sandbox” alla Minecraft) ma qui le condizioni sono diverse: non si ha la libertà totale ma si è dentro un mondo, sterminato e colossale fin che si vuole, ma perfettamente finito, regolato e, in ultima analisi, vero.

Tuttavia, un attimo dopo l’uscita del gioco di HelloGames sono partite le critiche. Tantissimi giocatori in giro per il mondo hanno denunciato le carenze di No Man’s Sky: basta fare un breve giro per i forum specializzati o per le community anche solo italiane per comprendere meglio la questione. Chi si è lamentato di un comparto grafico non all’altezza, chi ha biasimato la scelta degli autori di una storia aerea e molto labile (se non, come sostenuto prima, praticamente inesistente) e critica tra le più gravi che un videogioco possa ricevere, moltissimi hanno detto: “Questo è un titolo noioso, non si capisce cosa si deve né quando farlo: è noia e dolore”. Ecco perché lo Zibaldone di quel gran capoccione di Giacomino Leopardi ci serve. Perché queste critiche, oltre a numerose denunce di bug in serie e conseguenti richieste di rimborsi (soprattutto per la versione PC), molte delle quali, per un verso o per l’altro condivisibili, vengono meno se ci si approccia da un punto di vista più filosofico o poetico (fate voi) al titolo.

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No Man’s Sky non è un videogioco alla Call of Duty, Uncharted o GTA (e ho citato, non a caso, forse i titoli di maggiore livello prodotti nell’ultimo ventennio) dove, seppur tra mille differenze, si ha una libertà mediata e filtrata attraverso una storia che, comunque lo si voglia, si deve portare avanti. Qui si  è completamente da soli nel vasto e freddo universo, mai così vicini ad impersonare il primo uomo apparso sulla faccia del nostro pianeta. Tanto è vero che noi non vediamo mai il volto del protagonista: perché il protagonista è il genere umano. Il genere umano che, in un mondo ostile e pieno di pericoli (una volta incarnati dalle tigre dai denti a sciabola, qui da alieni, creature feroci di altri mondi e sentinelle robotiche) attraverso la conoscenza dell’altro, minerale, flora, fauna od essere che sia, tramite il nominare le cose mai incontrate prima e scoprire nuovi orizzonti, è diventato quel che è: la specie dominante sul Pianeta Terra.

Ecco perché, filosoficamente, non ci si può lamentare se in No Man’s Sky non si capisce cosa si deve fare. Proprio come Leopardi aveva scritto nello Zibaldone, ovvero che, banalizzando, “lo stato di desiderio perenne dell’infinito amor di sé che caratterizza gli uomini, sarà sempre deluso in un piacere reale che, per forza di cose, di leggi e di mondi, è limitato”, in un mondo vasto e illimitato ma regolato da leggi ferree, tu stesso devi trovare le motivazioni, le pulsioni e la forza per le proprie decisioni. Anche le musiche curate dalla band di Sheffield 65daysofstatic contribuiscono a rinforzare questo senso di muta disperazione e di solitudine siderale che si assapora in questo gioco.

 

Dimenticatevi le partite a FIFA con gli amici, i controller frantumati in Dark Souls III o gli artigliati livelli di Crash Bandicoot II: No Man’s Sky è il gioco della vita e della morte nello spazio, nelle galassie lontane lontane, distanti da tutto e da tutti. In questo universo però c’è spazio per l’amore e per la compassione, si può scegliere. Si può scegliere, davanti ad una creatura innocua e magari che si ciba solo d’erba (anche se color rubino talvolta) di aprire il fuoco del proprio laser e accaparrarsi le sue sostanze nutritive oppure fare amicizia, lanciandogli un pezzo di cibo e scoprire che quell’essere dal collo smisurato e dal corpo tozzo in segno di ringraziamento ha dissotterrato e portato alla luce una preziosa gemma aliena mai vista prima.

Ecco il grande valore dell’universo di No Man’s Sky: in mezzo ad alieni sempre pronti a fregarti sul prezzo della mercanzie, astronavi velocissime che ti abbattono e ti fanno crudelmente precipitare e piogge acide in serie, c’è la compassione, la pietà e, più o meno, l’amicizia. Anche se si è soli nell’alto mare aperto, si può sempre scegliere di andare avanti, tornare indietro o girare in tondo. Questa è la libertà fluttuante di No Man’s Sky.

 

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