Dopo oltre trent’anni, il concetto di “scala mobile” torna a far parlare di sé. Il Governo ha inserito nella bozza della prossima legge di bilancio una misura che prevede un aumento salariale automatico fino al 5% annuo per i contratti scaduti e non rinnovati, insieme al riconoscimento degli arretrati.
Una decisione che riporta alla mente gli anni Ottanta. Ma, con una veste più prudente e mirata: proteggere il potere d’acquisto dei lavoratori senza innescare nuove onde inflazionistiche.
Aumenti buste paga, come avviene
Il principio è semplice se un contratto collettivo di lavoro resta scaduto per oltre due anni, scatterà automaticamente un adeguamento delle retribuzioni in base all’indice Ipca, l’indicatore europeo che misura l’andamento dei prezzi al consumo. Il tetto massimo è fissato al 5% annuo, e la misura entrerà in vigore dal 1° gennaio 2026. Significa che i lavoratori con contratti non rinnovati vedranno crescere la loro busta paga in proporzione all’aumento del costo della vita, anche se le trattative tra sindacati e datori di lavoro dovessero andare per le lunghe.
Per sostenere la riforma, il Governo ha previsto 2 miliardi di euro nel triennio 2026-2028, destinati alla detassazione degli incremento contrattuali ea incentivare la chiusura dei rinnovi.
La vera novità riguarda il riconoscimento automatico degli arretrati. Dal 2026, ogni nuovo contratto dovrà comprendere gli aumenti maturati a partire dal giorno successivo alla scadenza del precedente accordo. Un cambiamento importante, perché fino ad oggi nel privato gli aumenta decorrevano solo dalla firma del nuovo contratto, lasciando spesso i lavoratori scoperti per mesi se non anni.

Facciamo un esempio, se un contratto scade nel 2025 e viene rinnovato nel 2028, il dipendente riceverà comunque gli aumenti retroattivi calcolati da gennaio 2026. Il calcolo sarà automatico, ma per avere un’idea pratica basta applicare la percentuale di adeguamento (fino al 5%) alla retribuzione lorda annuale.
Tipo, con uno stipendio lordo di 30.000 euro, un incremento del 5% equivale a 1.500 euro annui, ovvero circa 115 euro al mese. Gli arretrati, invece, dipenderanno dal periodo di mancato rinnovo, più lunga è l’attesa, maggiore sarà la somma da recuperare in un’unica tranche o in più rate.
Non mancano le critiche. Alcuni economisti temono che un ritorno, anche parziale, alla scala mobile possa riaccendere il circolo vizioso prezzi-stipendi. Tuttavia, il limite del 5% e la condizionalità della misura sembrano designati proprio per evitare questo rischio. Si tratta di un compromesso moderno : garantire una protezione reale ai lavoratori senza pesare eccessivamente sull’economia.

