Essere informati, oggi, non è più solo una questione di curiosità o interesse personale. È una vera e propria necessità. Ogni giorno, tra leggi che cambiano, decreti che entrano in vigore e scadenze che si rinnovano, il cittadino è chiamato a muoversi in un labirinto sempre più complesso.
Eppure, quante volte sentiamo storie di persone che scoprono troppo tardi di aver perso un bonus, un incentivo o un aiuto economico a cui avevano pieno diritto? Non per distrazione o negligenza, ma semplicemente per mancanza di informazione.
In un Paese dove le norme si modificano con una rapidità impressionante, non sapere può costare caro. C’è chi rinuncia, inconsapevolmente, a centinaia di euro; chi non presenta una domanda nei tempi previsti; chi si trova di fronte a un diniego che non riesce a spiegarsi.
Per questo, essere cittadini informati significa anche essere cittadini liberi. Significa conoscere i propri diritti, ma anche i propri doveri, e non lasciare che la burocrazia decida per noi.
Oggi più che mai, è fondamentale affidarsi ai canali ufficiali, alle fonti verificate, ai portali istituzionali. Perché, come nel caso dell’assegno Inps, ci sono categorie di cittadini che rischiano di perdere fino a 850 euro. E tutto, semplicemente, per non aver saputo in tempo ciò che era fondamentale sapere.
Assegno Inps: ecco chi sta per perdere fino a 850 euro
Da gennaio è ufficialmente operativo uno degli interventi sociali più attesi dell’anno: l’assegno mensile da 850 euro destinato agli anziani ultraottantenni non autosufficienti. Una misura introdotta per offrire un sostegno concreto a chi, nella fase più fragile della vita, necessita di assistenza costante e risorse economiche adeguate per far fronte alle spese quotidiane.

Con il recente messaggio n. 2821 del 26 settembre 2025, l’INPS ha fatto chiarezza su un aspetto spesso trascurato ma fondamentale: cosa accade all’assegno in caso di decesso del beneficiario. L’Istituto ha stabilito che le somme maturate e non ancora riscosse, note come quote integrative della Prestazione Universale, spettano agli eredi, a condizione che venga presentata un’adeguata rendicontazione delle spese sostenute.
In pratica, gli eredi devono dimostrare che l’importo percepito dal beneficiario è stato effettivamente destinato a finalità assistenziali. Ciò avviene allegando documenti come contratti di lavoro domestico e buste paga, oppure fatture per servizi di cura intestate al defunto. Solo dopo queste verifiche, l’INPS procede alla liquidazione delle rate spettanti, che possono includere anche quella relativa al mese del decesso, fino a un massimo di 850 euro.
Un esempio fornito dall’Istituto aiuta a comprendere meglio la procedura: se un beneficiario ha presentato domanda a gennaio ed è venuto a mancare a maggio, agli eredi spetta l’intero importo dei mesi non riscossi, purché le spese siano state rendicontate correttamente. Un dettaglio tecnico, certo, ma che per molte famiglie fa la differenza tra un diritto riconosciuto e uno perduto nel mare intricato della burocrazia.