Geek
di Mattia Nesto 10 Novembre 2022

God of War Ragnarok: gli occhi di Kratos, le mani di Atreus, la vendetta di Freya

God of War Ragnarok di Santa Monica Studio, esclusiva PlayStation, è un’opera potente e struggente. Come un dio norreno.

Eccolo, è lui, Kratos in God of War Ragnarok  Eccolo, è lui, Kratos in God of War Ragnarok

Basterebbe la barba ispida e ingrigita di Kratos per farmi innamorare di God of War Ragnarok, la grande opera di Santa Monica Studio realizzata in esclusiva PlayStation. Un videogioco seguito diretto dell’acclamatissimo Gof of War del 2018 che, non a caso, si aggiudicò la palma di Game of the Year proprio per quell’anno. Eppure di acqua sotto i ponti se ne è passata e la notizia che la prevista trilogia si sarebbe sviluppata in “soli” due episodi, con appunto il secondo che avrebbe finito per inglobarne due, a conti fatti, aveva destato più di una perplessità negli appassionati. Ecco, su una cosa questo titolo non lesina affatto, ed è la production value: nonostante, infatti, sia un videogioco cross-gen, visto che è disponibile anche una, incredibile, versione PS4, non se ne avverte mai la natura “ibrida“. Gli occhi di Kratos, le mani di Atreus, il desiderio di vendetta di Freya sono “più vivi del vivo”. Una messa in scena semplicemente clamorosa è quella che si assiste a ogni piè sospinto, il tutto sostenuto da un gameplay e, soprattutto, da un combat-system che prende a piene mani dall’eccezionale precedente per innovarlo e migliorarlo in ogni suo aspetto. L’ho provato su PS5 e l’unica onomatopea che mi viene da scrivere è “WOW”!

E dovrete, diciamo così, prepararvi a una qualità davvero estesa nel tempo se è vero come è vero che, al netto dei completismi, questo videogioco lo si completa in non meno di 40 ore. Sì, avete capito bene, 40 ore in compagnia di Kratos e Atreus: qui si conferma il fatto che questo videogioco, in fondo, sia la somma di due e quindi presenti una durata letteralmente doppia rispetto alla media degli altri capitoli con protagonista il demone di Sparta. Eppure, nonostante le sequenze delle “passeggiate narrative” siano una parte preponderante, non vi annoierete mai nel corso di quest’Odissea norrena, perché ogni cosa (mi correggo quasi ogni cosa) è rifinita ad arte, con cura per i dettagli, voglia di stupire lo spettatore e desiderio di realizzare un vero e proprio “benchmark qualitativo” per i titoli a venire.

Si parlerà molto di vendetta in God of War Ragnarok  Si parlerà molto di vendetta in God of War Ragnarok

Tuttavia, al netto di una direzione artistica che è semplicemente eccezionale, la cosa migliore di questo titolo è il suo combat-system: si tratta infatti di un combat-system action praticamente perfetto dove ogni cosa che si fa può essere controllata, pensata e ponderata al massimo grado. Kratos sarà in grado, attraverso il premere i tasti al momento giusto e, soprattutto, al ritmo giusto di inanellare combo a dir poco spettacolari, realizzando un “flow” del tutto unico nel suo genere: vi troverete, se sarete abbastanza abili e “polipeschi” nel schiacciare tutti i tasti a disposizione, a realizzare più che combattimenti delle coreografie in game, rimanendo stupefatti per la bellezza che passerà sui vostri schermi.

Atreus in God of War Ragnarok è molto cresciuto  Atreus in God of War Ragnarok è molto cresciuto

Anche dal punto di vista dei dialoghi nulla da eccepire, anzi. Santa Monica Studios, nonostante Cory Barlrog, l’autore del precedente God of War, si sia fatto un attimo da parte, realizza una grande storia, con qualche concessione in più rispetto al capitolo precedente alle intonazioni à la film Marvel ma facendo garrire al vento sempre altissima la bandiera della qualità. Sono aumentati i nemici e la varietà delle creature, così come le boss-fight che però, ahinoi, non raggiungono i gradi di intensità di un God of War II o, soprattutto, God of War III per PS3, forse la più grande “boss-rush” sottoforma di Tripla A mai concepita nel genere umano! Nonostante questo, comunque, il gioco è sempre sopra le righe, con un ritmo folle ma che si può modulare anche alle “esigenze” del giocatore. Le mappe infatti, open-map fino al midollo, lasciano ampi spazi al completismo e alla voglia di “gettarsi” in side-quest e missioni secondarie: insomma “Ragnarok is coming” ma c’è tutto il tempo per andare a pigliare quel pezzo di armatura rara o quel potenziamento utile a rendere il nostro Kratos ancora di più un dio della guerra.

Se il sistema ruolistico, mutuato dal capitolo precedente, sicuramente funziona, e funziona bene, i menu, purtroppo, hanno fatto un deciso quanto inspiegabile passo indietro: visivamente confusi ” poveri” non mi hanno proprio convinto e anzi si sono dimostrati uno “scoglio di difficoltà artificiale” di cui avrei fatto volentieri a meno. Mi riserberò di parlare del finale, e della sceneggiatura più nel completo, in un secondo pezzo ma, per il momento, vi basti sapere che questo God of War Ragnarok è un’avventura tanto epica quanto densa, tanto potente quanto emozionante, tanto umana quanto divina. Se non siete ancora saliti su questa giostra, prendete, al più presto, un biglietto: le montagne-russe del Ragnarok stanno per partire!

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