Scrivere di Leonard Cohen in termini di passato, fa già un effetto strano. Pochi giorni fa è uscito sul New Yorker un articolo che parlava di lui, una bella intervista in cui il cantautore canadese, arrivato a 82 anni si diceva pronto ad affrontare la morte, a patto non fosse troppo dolorosa. Sono passati solo pochi giorni e questa notte sulla pagina Facebook è apparso il post che ne annunciava la scomparsa.
Leonard Cohen è morto e nella mia mente siede già su un trono speciale, quello riservato ai Santi che hanno illuminato la terra con la loro arte imprescindibile. Cohen aveva pubblicato il suo ultimo disco lo scorso ottobre col titolo You Want It Darker, che in qualche modo preparava se stesso e i suoi tanti ammiratori all’inevitabile.
Ha avuto una vita di quelle bellissime, Leonard Cohen. È nato il 21 settembre 1934 a Montreal, in Canada e fin dalla giovane età ha iniziato ad appassionarsi alla poesia. Ha pubblicato il suo primo album nel 1967 e da allora non si è mai fermato, regalando al suo pubblico alcune tra le più belle canzoni mai scritte, come Suzanne, So Long, Marianne, Bird On A Wire, Famous Blue Raincoat e ci fermiamo qui, perché tutto il suo canzoniere meriterebbe menzione.
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Paradossalmente è diventato un fenomeno di massa per il suo pezzo più coverizzato, Hallelujah, che è stato portato al successo da Jeff Buckley e che ha cantato quasi ogni cantante del mondo. Ancora più paradossalmente, la sua prosa avvolgente e oscura, pregna di sessualità e religiosità ha trovato perfetto alloggio nei titoli del film di Oliver Store Natural Born Killers, in cui Cohen canta The Future, creando un’iperbole potentissima.
Abbiamo perso uno dei nostri uomini migliori e sarà stupendo e insieme una grande sofferenza, vedere le sue canzoni popolare lo stream dei social. Ci piace pensarlo in una stanza del Chelsea Hotel, l’albergo delle stelle a New York, dove incontrò Janis Joplin. Lei cercava Kris Kristofferson, lui le disse “Sono io Kristofferson” e lei “pensavo fossi più alto”. Cohen rispose con una battuta: “Sono stato male.” Poi fecero l’amore e lui scrisse una canzone.
“Mi ricordo bene di te al Chelsea Hotel, eri famosa, il tuo cuore una leggenda.
Mi ripetesti che preferivi un bell’uomo, ma che per me avresti fatto un’eccezione.
E stringendo i pugni per chi come noi é oppresso dal corpo di quelli belli,
ti sei sistemata, poi hai detto:
Beh, che importa, siamo brutti, ma abbiamo la musica”