Il conflitto tra Israele e l’Iran, che ha caratterizzato gli ultimi quindici anni con tensioni e scontri indiretti, è recentemente degenerato in un confronto aperto. Venerdì scorso, Israele ha lanciato attacchi mirati contro strutture militari e nucleari iraniane, segnando una significativa escalation in una guerra che fino ad ora si era svolta prevalentemente nell’ombra.
Le esplosioni che hanno scosso Teheran e altre località iraniane hanno causato ingenti danni agli impianti coinvolti nel programma nucleare di Teheran, provocando la morte di scienziati e alti ufficiali militari. Questo attacco senza precedenti rappresenta l’ultimo capitolo di un conflitto sotterraneo che si è protratto per oltre un decennio, alimentato da operazioni segrete e scontri indiretti tramite milizie filo-iraniane in Medio Oriente, come gli Houthi in Yemen e Hezbollah in Libano.
Le tappe principali del conflitto tra Israele e Iran dal 2010 a oggi
Negli ultimi quindici anni, il confronto tra Israele e Iran ha seguito una traiettoria segnata da azioni clandestine, sabotaggi e attacchi diretti, spesso con il coinvolgimento di terzi attori regionali. Nel 2010, un virus informatico noto come Stuxnet riuscì a sabotare le centrifughe iraniane per l’arricchimento dell’uranio. L’operazione, attribuita con convinzione ai servizi segreti statunitensi e israeliani, rappresentò uno dei primi atti di guerra cibernetica contro il programma nucleare di Teheran.
Nel 2018, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu rese pubblici documenti recuperati in un magazzino di Teheran, che rivelavano gli sforzi iraniani per nascondere attività nucleari clandestine precedenti all’accordo internazionale del 2015 con le potenze mondiali. Dopo il ritiro degli Stati Uniti dall’accordo nucleare nel 2020, gli attacchi contro gli impianti iraniani ripresero con maggiore intensità. In luglio, un’esplosione danneggiò gravemente l’impianto nucleare di Natanz, seguita pochi mesi dopo dall’assassinio dello scienziato di punta Mohsen Fakhrizadeh, ucciso con un’arma telecomandata attribuita a Israele.
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Nel 2021, l’Iran accusò Israele di aver causato un blackout nell’impianto di Natanz, intensificando contemporaneamente l’arricchimento dell’uranio fino al 60% di purezza, un livello vicino a quello necessario per un’arma nucleare. L’anno successivo, Teheran denunciò il presunto avvelenamento di due scienziati nucleari, attribuendo la responsabilità a Israele. Il conflitto ha subito un’ulteriore intensificazione dopo l’attacco di Hamas contro Israele del 7 ottobre 2023 e le conseguenti operazioni militari israeliane nella Striscia di Gaza. Milizie filo-iraniane nella regione si sono attivate in prima persona, ingaggiando scontri diretti con Israele in Libano, Siria e Yemen.
Le operazioni israeliane si sono fatte più audaci, culminando nel 2024 con un raid su un gasdotto iraniano e l’eliminazione mirata di due generali iraniani nel consolato di Damasco. In risposta, l’Iran ha lanciato oltre 300 missili e droni contro Israele, la maggior parte dei quali è stata intercettata grazie ai sistemi di difesa israeliani supportati dagli Stati Uniti e da alleati regionali. Tra la metà e la fine del 2024, Israele ha intensificato le sue azioni mirate contro i leader del cosiddetto “asse della resistenza”, la rete di alleanze costruita da Teheran con gruppi come Hamas e Hezbollah. Tra le vittime degli attacchi israeliani figurano figure di spicco come Ismail Haniyeh e Yahya Sinwar di Hamas, e Hassan Nasrallah di Hezbollah, uccisi rispettivamente a Teheran e in altre località strategiche.
Ad aprile 2025, l’Iran ha reagito con la giustizia interna, giustiziando un uomo accusato di collaborare con il Mossad, il servizio segreto israeliano, e di essere coinvolto nell’assassinio del colonnello Hassan Sayyad Khodaei avvenuto nel 2022, segnalando così una linea dura contro le infiltrazioni straniere. L’attuale scenario porta il conflitto fuori dall’ombra, con un confronto diretto che rischia di trasformarsi in una guerra aperta nel cuore del Medio Oriente, coinvolgendo non solo Israele e Iran, ma anche le numerose milizie e alleanze regionali che da anni si muovono nell’area.