Society
di Simone Stefanini 20 Febbraio 2018

Hikikomori: in crescita i giovani italiani che non studiano, non lavorano e non escono mai di casa

Elaborazione da Satou Tatsuhiro (NHK ni Youkoso!, 2006) impulsegamer - Elaborazione da Satou Tatsuhiro (NHK ni Youkoso!, 2006)

 

“Non studio, non lavoro, non guardo la tv, non vado al cinema, non faccio sport.”

Io sto bene – CCCP (1986)

 

La parola giapponese hikikomori significa letteralmente stare in disparte e isolarsi. È un termine che fa riferimento a tutte quelle persone che decidono di non volere più aver niente a che fare con la società e con le sue regole, ma invece di andare in eremitaggio sui monti o nel bosco, si ritirano in casa propria e ne escono raramente, solo per i fondamentali tipo fare la spesa.

Come si evince dalla parola, il fenomeno è nato in Giappone come una sorta di ribellione alla cultura tradizionale dei giovani tra i 14 e i 30 anni, mediante un’esclusione sociale volontaria. Questo pericoloso fenomeno che in Giappone ha raggiunto la cifra incredibile di un milione di casi, sta interessando anche l’Italia. Son infatti in crescita i ragazzi che mollano la scuola e invece di cercare lavoro o realizzazione, smettono semplicemente di avere rapporti con l’esterno e si chiudono a riccio in un ambiente protetto, che presto diventa una gabbia.

Gli hikikomori decidono di vivere in rete, connessi a internet durante la notte e a letto durante il giorno, invertendo così il normale ciclo sonno-veglia, rifiutando ogni rapporto fisico, leggendo libri, giocando a videogames o oziando senza mai mettere il naso fuori dalla propria camera.

 

Non crediate però che i giovani che soffrono di questo disturbo siano da etichettare superficialmente con appellativi come bamboccioni, mammoni, vagabondi o choosy. Essere hikikomori significa vivere molto male, impauriti dalla gente, dai rapporti d’amicizia o d’amore, terrorizzati dall’idea di andare a scuola e ancor di più da quella di cercare un lavoro, senza nessun tipo di volontà di comunicare con famiglia o amici.

Un disturbo che può essere progressivo o avere motivo scatenante: un litigio coi genitori, un brutto voto a scuola, un licenziamento, episodi di bullismo o di violenza possono portare alla segregazione volontaria, all’allontanamento da quelli che sono avvertiti come pericoli provenienti dall’esterno.

Le pressioni sociali sempre più forti, la necessità di arrivare sempre primi, di farcela durante la crisi sono i fattori che un hikikomori decide di non voler affrontare più, gettandosi in una spirale discendente fatta di menzogne e stratagemmi per stare a casa, creandosi alias e vite parallele online,  finché quest’ultime non siano percepite come la vita vera.

Benché presenti caratteristiche simili, l’hikikomori non è da confondersi con la dipendenza da internet, la depressione o la fobia sociale, è piuttosto una pulsione all’isolamento che si innesca come reazione alle eccessive pressioni di realizzazione sociale (tipiche delle società capitalistiche economicamente più sviluppate). [fonte]

 

 

È necessario capire fin da subito il problema e intervenire: nel caso vostro figlio, fratello, amico o voi stessi siate ragazzi introversi, timidi, vittime di bullismo, nel caso vi sentiate diversi e non capiti dal mondo esterno, visitate il sito Hikokomoriitalia.it creato dall’Associazione Hikokomori Italia Genitori, in cui la problematica viene spiegata perfettamente e potete informarvi approfonditamente, partecipare attivamente al forum o alla chat, sia per i ragazzi che per i genitori che si trovino ad affrontare questo disturbo tanto subdolo quanto pericoloso, per superare la paura del giudizio.

 

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