TV e Cinema
di sayatnova 20 Novembre 2013

Festival Internazionale del Film di Roma: Come realizzare un festival schizofrenico.

 
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Le giornate dell’ottava edizione del festival romano sono state caratterizzate da contraddizioni estreme, abbinamenti oltre ogni immaginazione regalateci da un Marco Müller  che ha voluto rompere in questo modo le barriere che si vanno a creare tra cultura e mercato. Quindi è stato del tutto normale se sul red carpet abbiamo visto passare prima il Mahatma e poi a seguire Adolf Hitler.

Il Marc’Aurelio d’Oro per il miglior film è andato a Tir di Alberto Fasulo, un docu-film (genere che va tanto di moda al momento in Italia), la cui vittoria ripercorre le sorti del vincente Sacro GRA di Venezia.

Premio Miglior regia è stato assegnato al meritato film di Kiyoshi Kurosawa  Seventh Code, che si aggiudica anche il premio per il migliore contributo tecnico, mentre il premio speciale della giuria è andato al film rumeno Quod Erat Demonstrandum di Andrei Gruzsniczk.

Scarlett Johansson, premiata per la miglior interpretazione femminile sebbene non compaia mai fisicamente ma solo vocalmente nel film Her di Spike Jonze (stranezze del festival). Matthew McConaughey per Dallas Buyers Club è il nome che si aggiudica il Best Male Act.   

La migliore sceneggiatura a Tayfun Pirselimoglu per I Am Not Him e la Menzione speciale a Cui Jian per Blue Sky Bones.

Il premio CinemaXXI per il miglior film a Nepal Forever di Aliona Polunina.

Doc It – Prospettive Italia Doc premia per il migliore documentario italiano  Dal profondo di Valentina Pedicini.

Premio Taodue Camera d’Oro per la Migliore Opera Prima/Seconda: Out of the Furnace di Scott Cooper.
Premio Taodue Miglior produttore emergente: Jean Denis Le Dinahet e Sébastien Msika per Il sud è niente.

Durante il festival si è passati con facilità da momenti di altissimo cinema, donati da Aleksej Jurevic German con la sua ultima pellicola Hard To Be a God (al cineasta russo  scomparso lo scorso febbraio va il Premio alla Carriera 2013), a momenti di pura bassezza segnati da Checco Zalone  e dai problematici teenagers spolmonanti per Hunger Games.

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Nella sezione CinemaXXI,  con la giuria presieduta dal regista Larry Clark,  sono state presentate pellicole come Fear of Fallin di Jonathan Demme e Atlas per la regia del noto fotografo Antoine d’Agata che propone sul grande schermo la storia di un uomo senza legami, reduce da un lungo viaggio. Il film di apertura della sezione è stato L’Amministratore di Vincenzo Marra,  documentario che racconta la vita di Umberto Montella, amministratore di condomini a Napoli.

Birmingemskij ornament 2(Birmingham Ornament 2) di Andrey Silvestrov e Yury Leiderman si è aggiudicato il Premio Speciale della Giuria CinemaXXI, mentre il Premio  Best Short film è andato a Der Unfertige di Jan Soldat, un documentario che narra la vita da schiavo di Klaus Johannes Wolf.

La sezione CinemaXXI ha portato allo scoperto film indipendenti e oscurati dai circuiti “commerciali”, lavori che fondono cinema e altri linguaggi. Pezzi di cinema (nascosti) da ricordare  quali:  Theatrum Orbis Terrarum (pellicola della giovane artista di Lisbona Salomé Lamas, menzione speciale nel 2012 con “Terra de ninguém” al Documenta Madrid), Just Like Us di Jesse McLean, The Buried Alive Videos (lavoro dell’artista istraliano Roee Rosen  che ha ricevuto la Menzione Speciale CinemaXXi short movie) e  Rangbhoomi di Kamal Swaroop  (film che ricostruisce la vita del primo cineasta indiano Dadasaheb Phalke a Benares).

La sezione Doc It – Prospettive Italia Doc fa ben sperare per le nostre sorti cinematografiche future.  Da segnalare: Ritratti Abusivi di Romano Montesarchio che racconta la vita della surreale comunità abusiva del Parco Saraceno e Fuoristrada di Elisa Amoruso, documentario che racconta di  Pino, un meccanico e un campione di rally che decide di diventare donna e di chiamarsi Beatrice.

L’opera più audace del festival è stata sicuramente Blue Sky Bones, un film sgangherato, kitsch, poetico e visivamente catartico realizzato dalla rockstar cinese Cui Jian.

Immancabile la doppia presenza di Takashi Miike con il suo ultimo yakuza-comedy The Mole Song e fuori concorso con il delirante elogio al fumo di Blue Planet Brothers (cinema dell’assurdo suddiviso in dieci episodi, una non-storia che vede come protagonisti  un samurai dell’era feudale,  un alieno del pianeta Cygnus e  un folletto). Sempre fuori concorso per gli amanti del genere “gore” è stato presentato l’ultimo film del tarantiniano Eli Roth The Green Inferno, una sorta di remix dei nostri cannibal-movie anni ‘70.

Guido Lombardi, in concorso con  Take Five,  realizza un noir “pulp” napoletano con reminiscenze cinefile che vanno da Cani arrabbiati di Bava a Le iene di Tarantino.

Le proiezioni sono state inoltre arricchite dalla retrospettiva “Claudio Gora, regista e attore” curata da Emiliano Morreale che ha rispolverato nove film diretti da Gora (nome d’arte di Emilio Giordana) regista isolato e dimenticato, un nome del nostro cinema da riscoprire.

Curiosità del festival: il gadget più gettonato è stato l’ombrello, utile oggetto, dal momento che per quasi tutta la durata della mostra è stata costante la pioggia.

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