Ambiente
di Marco Beltramelli 9 Giugno 2021

L’unico “Giudizio Universale” è quello ambientale

Più di cento associazioni riunite sotto l’evocativo nome di “Giudizio Universale” hanno mosso un’azione legale verso lo stato italiano nella prima causa ambientale contro la nostra nazione

Il tanto temuto aumento di 1,5 gradi della temperatura rispetto ai livelli pre-industriali potrebbe verificarsi già nei prossimi 5 anni. A dirlo è l’ultimo rapporto dell’Organizzazione meteorologica mondiale (Wmo). L’inazione dei governi che continuano a ignorare i segnali che ci aiutano a comprendere la gravità dell’emergenza climatica odierna si rifletterà sulla Terra e i suoi abitanti di domani. Ecco perché sabato 5 giugno 2021 gli attivisti di oltre 100 associazioni hanno depositato la prima causa climatica contro la nostra nazione, affinché inizi ad agire davvero per contrastare i cambiamenti climatici.

A maggio, con una lettera aperta indirizzata al Presidente del Consiglio Mario Draghi e al Ministro per la Transizione Ecologica Roberto Cingolani, le oltre cento organizzazioni promotrici della campagna hanno sottolineano l’insostenibilità delle attuali politiche climatiche nazionali e l’estrema urgenza di un’azione climatica all’altezza della sfida in corso. Ma è giunto il momento di fare di più. I ricorrenti sono stati assistiti da un team legale composto di avvocati e docenti universitari, fondatori della rete di giuristi Legalità per il clima. L’azione legale è promossa nell’ambito della campagna di sensibilizzazione intitolata evocativamente “Giudizio Universale, per sottolineare l’urgenza di mettere in campo azioni concrete di contrasto al cambiamento climatico.

Prima promotrice dell’azione è l’Associazione A Sud, ONLUS da anni attiva nel campo della giustizia ambientale e nella difesa dei diritti umani che l’emergenza climatica rischia di compromettere: “Dopo decenni di dichiarazioni pubbliche che non hanno dato seguito ad alcuna azione all’altezza della sfida imposta dall’emergenza ambientale, la via legale è l’unico strumento per fare pressione sullo Stato affinché moltiplichi i suoi sforzi nella lotta al cambiamento climatico. Come società civile abbiamo il compito di fare tutto il possibile per scongiurare la catastrofe alle porte, per questo abbiamo deciso di promuovere la prima causa climatica italiana”, dichiara Marica Di Pierri, portavoce dell’associazione e curatrice del libro La causa del secolo, appena edito per la casa editrice Round Robin.

La percentuale di riduzione delle emissioni è stata calcolata da Climate Analytics, importante organizzazione indipendente per la ricerca sul cambiamento climatico che ha realizzato uno specifico report per A Sud sulla valutazione dei trend di riduzione delle emissioni nel nostro Paese. Secondo quanto si legge nel rapporto, seguendo l’attuale scenario delle politiche italiane, ci si attende che le emissioni al 2030 siano del 26% inferiori rispetto ai livelli del 1990. Stando a queste proiezioni del governo, però, l’Italia non riuscirà a raggiungere il suo modesto obiettivo di ottenere una riduzione del 36% entro il 2030 come stimato dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC). Tra i paesi europei che pianificano il passaggio dal carbone al gas, l’Italia ha il più alto consumo di gas pianificato per gli anni 2020. Sebbene l’Italia stia puntando a una quota del 30% di energia rinnovabile nel consumo finale lordo entro il 2030 non ha attualmente le politiche in atto per raggiungere quest’obiettivo. Le richieste specifiche avanzate dai ricorrenti al giudice sono la dichiarazione d’inadempienza dello Stato e la conseguente riduzione del 92% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030 delle emissioni applicando il principio di equità e il principio di responsabilità comuni (Fair Share), ossia tenendo conto delle responsabilità storiche dell’Italia nelle emissioni di gas serra e delle sue attuali capacità tecnologiche e finanziarie.

Negli ultimi anni, gli attivisti delle regioni tropicali di tutto il mondo hanno contribuito alla riforestazione di 59 ettari di foresta, ma la deforestazione corre ancora più veloce. Lo scorso 26 maggio gli attivisti olandesi sono riusciti a portare in causa il colosso del petrolio Shell con l’accusa di contribuire all’innalzamento delle temperature globali, eppure l’Agenzia delle Nazioni Unite spiega che almeno un anno tra il 2021 e il 2025 ha una probabilità del 90% di “diventare il più caldo che si sia mai registrato”. Mai come oggi è utile unire le forze per combattere, a ogni latitudine, una battaglia che ci coinvolge tutti: quella per la salvaguardia del nostro unico Pianeta.

 

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