Society
di Simone Stefanini 22 Novembre 2017

Scandalo molestie sessuali, in Italia ancora troppa omertà

In Italia manca ancora un’inchiesta seria, fatta da giornalisti di testate autorevoli, sullo scandalo delle molestie sessuali nel mondo dello spettacolo

Le principali accusatrici di Harvey Weinstein pintrest - Le principali accusatrici di Harvey Weinstein

 

Negli Stati Uniti ultimamente stanno cambiando un po’ di cose, quando si parla di industria dello spettacolo. Abbiamo scoperto che esisteva un sistema corrotto, perverso e criminale che si fondava su alcuni dogmi, oggi pronti per essere scardinati: che il potente fosse intoccabile, che l’uomo potesse impunemente dispensare attenzioni di natura sessuale, che a volte per lavorare si dovesse scendere a compromessi di natura sessuale.

Dopo gli scandali che hanno portato alla luce il sistema Harvey Weinstein, ma anche gli atteggiamenti espliciti e inaccettabili di Kevin Spacey, Dustin Hoffman, Sylvester Stallone e Louis CK, sembra che oggi persino i più potenti possano essere messi in discussione. Anche il capo della Pixar John Lasseter si è autosospeso per sei mesi a causa di abbracci poco opportuni e commenti di natura sessuale. Lo tsunami non si sta fermando al solo cinema, è notizia recente che Nick Carter, cantante dei Backstreet Boys, avrebbe stuprato la collega Melissa Schuman.

Ciò che fino a qualche mese fa sarebbe finito nel dimenticatoio o in una qualche pratica insabbiata, oggi può fare notizia a livello mondiale e contribuire in maniera notevole a cambiare un sistema marcio, in cui le vittime sono sia coloro che hanno subito violenza, sia chi non ne ha voluto sapere e di conseguenza ha subito isolamento e mobbing.

Negli Stati Uniti, le inchieste sono stare fatte da testate autorevoli come il New Yorker e il New York Times, che hanno messo la faccia e i potenti mezzi a disposizione per superare muri di omertà e portare alla luce uno status quo terrificante. Il prestigio dei giornalisti che hanno partecipato alle inchieste ha sollevato anche un moto di solidarietà in tutto lo show business, in cui persino gli amici degli “imputati” si sono dissociati da quei comportamenti e hanno dichiarato pubblicamente quanto, pur facendo terribilmente male, questa rivoluzione fosse necessaria (vedi il video di Sarah Silverman su Louis CK).

 

 

Facciamo un salto transoceanico e torniamo alla nostra Italia bella, qui come vanno le cose in tal senso? A naso, peggio. Siamo il paese diventato tristemente famoso per aver insultato Asia Argento, l’attrice che ha messo in gioco la faccia e la credibilità per rivelare il sistema Weinstein, facendola passare per poco di buono. Questo la dice lunga sulla morale comune con cui si deve scontrare chi decida di condividere un’esperienza di tale natura.

Di fronte a una presunzione di reato, la presunta vittima dovrebbe avere lo stesso beneficio del dubbio del presunto colpevole, specialmente per crimini difficilmente provabili come le molestie e le violenze sessuali.

Quando il nome del regista Fausto Brizzi è uscito fuori da molte bocche perlopiù anonime di ragazze che ne hanno denunciato le molestie durante un servizio della trasmissione d’intrattenimento Le Iene, è stato difeso da gran parte dello show business: colleghi registi, attori e attrici che spesso hanno definito le accuse falsità attuate da ragazze alla ricerca di celebrità facile.

In questo contesto, il problema più grande del nostro paese sembra sia mancanza di qualche inchiesta seria, di giornalisti di spessore che vogliano mettere faccia ed esperienza per tentare di far luce sul sistema Weinstein (o presuntamente Brizzi) anche in Italia. Un sistema che detto in parole poverissime, potrebbe riassumersi con “Vieni a letto con me e avrai la parte, se non ci vieni dirò a tutti di non farti lavorare”. Come mai nessun telegiornale, testata giornalistica o programma di approfondimento di prestigio hanno (ancora) voluto scavare a fondo sull’argomento delle molestie sessuali? Quali sono i problemi che deve fronteggiare chi ci prova? Perché in Italia ci sono così poche rivelazioni e di esse se ne deve occupare un programma non giornalistico, famoso per avere anche abboccato a clamorose bufale? Queste sono le domande che ci dovremmo fare più spesso di “Questa storia sarà vero o no?”.

Dovremmo pretendere un approfondimento per l’argomento che ha provocato un terremoto senza precedenti nell’industria dello spettacolo più famosa del mondo e che invece, qui in Italia sembra sia diventato una brezza leggera, buona solo per battute di dubbio gusto e meme sui social.

Se domani un produttore italiano ci provasse in maniera esplicita con un’attrice e lei gli dicesse “Le cose sono cambiate, io ti denuncio”, non vorremmo fosse costretta a trovare come risposta “A chi? Alle Iene?” condita da un sinistro sorriso sardonico.

 

 leggo

 

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