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di Mattia Nesto 4 Maggio 2022

A scuola di Cavalieri dello Zodiaco

Il ritorno su Amazon Prime Video della prima serie originale dei Cavalieri dello Zodiaco impone una riflessione.

Quando ho scoperto l’Epica  Quando ho scoperto l’Epica

Prima che conoscessi il vero titolo dell’opera, ovvero Saint Seiya, i Cavalieri dello Zodiaco, hanno rappresentato per me, ma credo per una buona fetta di ragazze e ragazzi cresciuti negli anni Novanta, l’entry level agli anime e al mondo manga in generale. Già perché i personaggi di Masami Kurumada si sono subito imposti per due motivi, l’uno più importante dell’altro: tutti quanti si presentano come giovani e belli, oltre che buoni e coraggiosi ma anche in grado di commuoversi, avere paura e dimostrare tutta la propria fragilità di fronte a situazioni più grandi di loro. Ecco che il ritorno della prima, iconica, stagione dell’anima impone una riflessione sul successo dei Cavalieri dello Zodiaco. E per farlo mi preme iniziare da una delle principali critiche che i suoi detrattori sono soliti fare: “A me non piacciono i Cavalieri dello Zodiaco perché stanno sempre lì a piangere”. Ora per uno come me che, fin da quando ero bimbetto, si divideva tra Hyoga, Crystal il Cigno e Shun, Andromeda è chiaro e evidente come il pianto non sia mai stato percepito come un difetto, anzi.

Già perché, in maniera del tutto differente dagli altri cartoni che andavano in onda in quel periodo storico, i prodi guerrieri di Atena/LAdy Isabel non avevano alcun timore a dimostrare le proprie fragilità: uno era troppo attaccato alla mamma scomparsa da tempo, l’altro era dipendente dagli altri, segnatamente dal fratello perduto e poi ritrovato in maniera malsana e un altro ancora trincerava dietro a un ascetismo al limite della follia la propria intima e totale timidezza, oltre che incapacità nelle relazioni interpersonali. In un mondo de-sessualizzato come quello dei Cavalieri, in cui nessuno si fidanza, sposa o fa figlie o figli. Al di là del famigerato Alman di Thule che, in una sorta di pazzo progetto di eugenetica a livello mondiale (fa figli in tutto il mondo, con donne di etnie diverse per “trovare” i cavalieri ideali), nessuno fa nulla con nessuna/a. Eppure, di tensione erotica, almeno a giudicare dai tanti boys lovehentai fioriti negli anni attorno ai Cavalieri dello Zodiaco certifica come, ad esempio, le catene di Andromeda potessero essere intese, anche a livello, diciamo così, inconscio, come uno strumento di bondage. Chissà cosa avrebbe detto mia nonna quando, da bimbetto, giocavo con il suo metro da sarta a guisa di catena di Andromeda.

Insomma questa dicotomia tra assoluta purezza dell’animo dei ragazzi in armatura e della profonda perversione. anche implicita, di noi spettatori era un elemento di fascino assurdo. Uniamoci poi l’aspetto di mortificazione, a livello proprio di martirio cristiano, dei corpi dei cavalieri, con combattimenti in cui, letteralmente, essi sacrificavano ogni fibra di sé e il gioco è fatto. Tutti quanti ci ricordiamo la saga delle Dodici Case, con quelle lotte talmente cruente da farci impressionare. Nonostante i tagli imposti da Mediaset (più ridotti quelli fatti dalle Tv locali come la gloriosa OdeonTV) il momento in cui Sirio il Dragone si cava gli occhi per battere il Cavaliere d’Argento della Gorgone oppure l’epico scontro tra Ikki/Phenix con Shaka no Virgo, rimangono stampati nella memoria collettiva.

Come se non bastasse, e questo, almeno a mio avviso, è un merito tutto italiano, tutto del primo, mitologico, adattamento italiano è la quantità di citazioni, alte, anzi altissime della letteratura inserite nella serie. Ad un certo punto Seiya, abbastanza out of blue, si mette a citare il Foscolo e, qualche puntata dopo, addirittura Dante. Ma tutto il modo di esprimersi di questi giovani ragazzi in armatura è fiorito, quasi arcaico. Anche se si allontana dall’opera originale (nel manga Pegasus parla come un normale ragazzo di Tokyo degli anni Ottanta) questa sfumatura tutta italiana a me è sempre piaciuta un botto.

Come ultima ragione di estrema fascinazione come non citare il design delle armature. Ma non solo quelle di bronzo, che via via, attraverso update più o meno robusti, diventano sempre più complesse, ma anche l’incredibile bellezza di quelle dei Cavalieri d’Oro (tipo quella del Cavaliere del Toro o quella di Acquario o del Leone!) rimangono nel cuore di tutti noi. E motivo di inesauribile lavorio per i cosplayer di tutto il mondo. Per questi, come per altri cento motivi, lo sbarco dei Saint Seiya su Amazon Prime Video ci impone un rewatch totale e tombale. O, perché no, un first look che non dimenticherete. Parola di cavaliere di (faccia di) bronzo.

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